Cinque lettere vivranno per sempre nei libri forzieri per nulla segreti di una parola che ha messo in ginocchio l’intero pianeta: Covid.
Gli anni sotto l’egemonia di un virus letale hanno eletto un posto d’onore nella memoria dei sopravvissuti alla molecola di forma grottesca, una sfera visibile al microscopio puntellata da diffusori di morte.
L’alba dell’anno 2020 viene interrotta dal virus tradotto in brevissimo tempo in una grave sintomatologia respiratoria a cui venne dato il nome Covid-19.
Lontano dal volersi proporre come sintesi di una pandemia mondiale, “Pangolino mon Amour“, il nuovo romanzo di Cinzia Di Mauro (Edizioni All Around), compie con merito il fine di scandagliare una porzione di vita aggrovigliata nella molecola SARS-CoV2.
Docente di Letteratura italiana, Cinzia Di Mauro è autrice di una serie di romanzi fantascientifici: Genius (Genius_01, Genius_02, Genius_03 (Ledizioni), finalista al Premio Urania e al Delos, “Finisterrae” un romanzo combattuto tra la definizione del fantasy e il thriller, edito da Delos Digital, il noir comico grottesco “La storia vera di un killer nano” (segnalato alla XXV edizione del Premio Calvino e scelto dalla Nabu), il thriller “Paso doble” e la storia in chiave tragicomica di una famiglia disfunzionale in “I love Meteorite“.
Con “Pangolino Mon Amour!” l’inchiostro intinto nel mare magnum delle acrobazie del generale Covid conduce a un surreale processo mnemonico delle più disparate soluzioni di sopravvivenza. Subito assolto il rito della meraviglia nella copertina evocatrice di una presenza poco conosciuta ai più, un pangolino dagli occhietti svegli scruta, osserva, spia le tribolazioni messe a punto il tempo di un momento. Una scrittura in chiave umoristica ma non troppo alleggerisce il peso di uno tsunami abbattutosi sull’umanità mietendo vittime in ogni angolo del mondo. Sono esempi di pura allegoria le avventure delle facoltà guaritrici di un vaccino sperimentale imposto dal green pass.
“La popolazione cominciò a dividersi in sì vax e no vax, i primi belli, buoni e destinati alla sopravvivenza, i secondi brutti, cattivi, asociali, chetepossino, birilli in attesa dello strike. I sì vax, oltretutto, avrebbero ottenuto l’agognato premio, il Santo Graal (accompagnato da squilli di tromba angelici), il green pass…ovvero il pass-partout, tutto pass nient rest, trapass, ripass, compass, impass, pass parol, pass paperin con la pip in bocc, che ti garantiva di non ammalarti ma anche no, che ti garantiva di prenderla in forma lieve ma anche no…“.
Iniettarlo nelle vene sì oppure no, guerrieri fino alla fine, ma la fine di cosa o la fine di chi?
L’incubo del lockdown ha ispirato menti allergiche alla trasgressione, che però a questo giro di boa diventa mezzo per sfuggire ai gendarmi assoldati dal fumo verde in veloce espansione. Il mostro illustrato con un colore da fumetto fa paura il doppio perché non concede rapide soluzioni al terrore confermato al primo incontro. Le vie traverse esistono e devono essere sperimentate in tutti i modi possibili complici della fuga-meteora di un salto nel vuoto da parte di chi, il tempestivo annientamento lo vive sulla propria pelle.
Mai prima di allora sanità e politica sono state conniventi di un amore dichiarato al mondo con annunci, conferenze stampa, interviste dal sapore viscido come la lingua del serpente: a due punte (e mille DPCM) per affrontare un’emergenza sanitaria strisciante sul futuro dell’umanità. È esistito l’uomo negazionista della malattia fino al momento, nonostante il momento in cui il test ha lampeggiato la positività al virus. Un colpo al cuore mai avvertito prima di incontrare una innocua striscetta giudice del prossimo futuro, semmai futuro ci potrà essere.
Sulla zattera in balìa dell’ignoto l’essere vivente si accorge della pochezza rispetto allo spirito che ha plasmato l’eterno, intanto a testa bassa l’uomo ritorna bambino sulla giostra che lo condurrà ovunque egli vorrà, con l’illusione di aver strappato la maschera del mostro. Cinzia Di Mauro sfiora la realtà ma ne mantiene una discreta distanza, la fotografa seguendo le tracce di un alieno precipitato per errore nell’orrore. Del resto, l’ingegno coinvolto nella stesura arcana di un’epoca in stile metaforico confessa di aver trattato di e con “alieni umanissimi e umani alienissimi“. Una siffatta immagine consegna una lettura assimilabile a un focus sotto ipnosi lungo tutto il soggiorno di una cellula virale.
“Gli arcani influssi sull’essere e il divenire, il loro mistero respirato da Erato e Urania, – la vanità di sentirsi indispensabili e insostituibili, la cognizione infantile che nulla esiste dopo di te- quella testimonianza e prova nell’immensità del creato, divine ispiratrici del languore di naufragio, – con quanta paura si affronta l’inconoscibile! Ah!, poter godere ancora e poi ancora della loro vaghezza imperscrutabile …-con l’illusione che siano infinite ed eterne, le stelle“.
“Come tutto ha inizio per ricominciare a finire”. La prefazione di Claudio Chillemi, autore catanese di romanzi ed opere teatrali, sosta sulla logica in uso dall’autrice nella scansione del tempo Covid. È un esordio di trama ipnotica fortemente stilizzata nel dipanare la storia. L’uomo e l’alieno tirano le fila della realtà con una misurata distanza dal gioco dei ruoli. Per tutto il circuito narrativo si assiste al via vai delle regole capovolte in nome di un’odissea surreale.
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