“Il profumo del basilico” di Costanza Di Quattro

“Il profumo del basilico” di Costanza Di Quattro

L’albero delle emozioni fiorisce nella stagione attratta di storie ricche di prime volte affidate al fato. Tra i quattro segmenti dell’anno solare, da sempre l’estate è protagonista di incontri in balìa dell’imprevedibile.

Edito da GallucciIl profumo del basilico” è l’ultimo romanzo della bravissima e bellissima scrittrice Costanza Di Quattro, la brillante penna siciliana firma gioielli di narrativa di alto spessore culturale e stilistico, intrisi di nobili valori come conferma la straordinaria raffinatezza intellettuale presente nelle opere già pubblicate.

Ogni capitolo nasce da un capoverso, ogni libro scorge la prima luce dal titolo. Prima del basilico il suo profumo inaugura sensi smaniosi della stagione affamata di sole, l’ unica stella di fuoco regina dell’universo. La bellezza dell’elemento vestito di verde arriva dopo, tenere foglie sottili cercano luce e calore per vivere la stagione che è casa, principio e fine di una breve vita nutrita da una inebriante fragranza.

Quale età biologica può vantare un’analogia con il mosaico di innumerevoli verdi screziati della natura?

Sotto il sole di Sicilia il ragazzo e la ragazza che precedono l’uomo e la donna di domani si lasciano arroventare da ingovernabili tempeste dell’anima. Dal Trentino alla Sicilia con la carta d’identità appena fuori dal bozzolo ma ancora priva di ali, ecco che la patria del sole e del mare accoglie gli esploratori di sogni finalmente lontani e liberi dai cassetti della piccola età. Tre lustri ciascuno basteranno ai ghirigori del destino per addestrare alla vita piccoli esemplari di uomini in erba.

È bastato che un vecchio staccasse una foglia di basilico dalla pianta perchè un magico divenire istruisse le energie giovanili alle leggere traiettorie di una vacanza: l’ istante diventa leggenda risalente all’anno Mille.

Il giovane Hassan, mercante arabo, dopo aver solcato i mari approda in Sicilia e rimane affascinato dai suoi profumi, dal suo mare cristallino…e da una donna. Hassan è ospite del palazzo del sovrano Jafar II. Lì incontra la bellissima Elisabetta e se ne innamora perdutamente, ricambiato. Un segreto mina la potente passione dietro cui viene taciuto un inganno. In realtà il giovane mercante ha una moglie e dei figli in Oriente, prima o poi ritornerà nella sua terra natia. Il tradimento sconvolge il senno della fanciulla, da quel momento nasce un fuoco ardente per desiderio di vendetta.

La mano dell’amore ingannato decapita l’amante e riempie un vaso di basilico con quella testa che un tempo fu braciere di folle passione. Solo così il moro rimarrà accanto a lei in eterno.

La leggenda non si ferma qui. Una impavida seconda parte rivela che proprio in quel vaso il basilico sprigionò un profumo incantato, al punto che i passanti non potevano fare a meno di fermarsi.

“Sai cos’è questa pianta? È basilico, una delle erbe più antiche del mondo. Gli egizi la utilizzavano per imbalsamare i corpi e far sì che potessero oltrepassare l’Ade incorrotti dalla morte“.

“Mi fa paura” continuò a gridare Hassan. “Mettila via!
“Deve farti paura, Hassan, non dimenticarlo mai; questa indifesa piantina può diventare vendicativa e crudele. Osservala, ma non amarla mai, potrebbe ucciderti“.

-Il vecchio strappò un pugno di foglioline, con violenza, con perfidia, e Hassan ebbe una fitta tagliente, così intensa che questa volta svenne davvero-. L’ epilogo della leggenda diventa spettrale quando gli artigiani del luogo vennero sollecitati alla produzione di teste di moro in ceramica, da esibire nei balconi come simbolo della passione culminata con una sentenza di morte.

La simbologia delle teste di moro (chiamate anche Teste di Turchi) viaggia ai tempi della dominazione araba in Sicilia, in particolare nel quartiere Kalsa di Palermo, tra il IX e l’XI secolo, il luogo e il tempo dell’incontro tra l’arabo e la bella fanciulla.

Appare azzardato, ma non lo è affatto, il salto epocale dalla narrativa moderna alla storia di una passione consumata sull’altare del sacrificio. A ben riflettere, la vicenda di dieci secoli fa annulla la distanza temporale avvolgendosi in un’altra storia che si offre come matrioska alla prima.

Due ragazzi, Otto e Sebastian, partono da Brunico (città in provincia di Bolzano) per una vacanza di due settimane in Sicilia. La terra baciata dal sole accende passioni fluttuanti come onde del mare ora addestrate alla pace, ora quasi a baciare il cielo, travolte da impeti furiosi.

Inebriato dalla sabbia dorata Sebastian si innamora della bellissima Lighea, un fulmine di passione avvolge entrambi perché la giovane età non ha paura del temporale nascosto dietro la siepe, lascia che la pelle fradicia si mostri ben disposta ai giochi infantili del sole. La stella rossa appare e scompare mentre l’amore prende, mentre l’amore lascia.

Tradito, bistrattato da una crisi di troppo, l’amore bugiardo trova terreno fertile nel cerchio infernale riservato al condannato per la sua folle gelosia.

Sebastian e Lighea continuavano a fissarsi incuranti del mondo, lui ogni tanto accennava un sorriso mentre lei si sistemava il ciuffo ribelle, tutta rossa in viso. Erano teneri, avvolti in quella sensazione di libertà e benessere che solo la meraviglia di un incontro inaspettato sa regalare.”

L’ idillio appassisce ma il millennio è stato medicina per legami rugosi, accarezzandone le crepe compiacenti di un’altra possibilità. Sebastian e Lighea, Hassan ed Elisabetta, quattro giovani vite intrecciate da un fuoco gemello, di chi la leggenda? Di chi l’umile storia d’amore?

“Il cuore degli innamorati è sordo agli avvertimenti. Si rifiuta di vedere, di comprendere, di capire. Si tappa il naso, le orecchie, gli occhi, si chiude alle voci amiche, ai segnali inequivocabili, a quei risvegli improvvisi nel cuore della notte che provano a metterti in guardia“.

Come non rimanere estasiati dai bagliori d’amore incontaminati e liberi dal peso delle disillusioni? L’inevitabile condanna saprà attendere il tempo purificato dai fumi del possesso, dalle gelosie, dalla dignità calpestata.

Non stupisce l’abilità di coniugare la storia contemporanea verso l’eco della leggenda millenaria. La voce narrativa s’infrange in due equilibri adottati da un’unica onda d’amore.

sara