La destra antimafia, una storia di solitudine. Granata presenta “Meglio un giorno”

La destra antimafia, una storia di solitudine. Granata presenta “Meglio un giorno”

SCICLI – Metti una sera insieme Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore dotato di innato istrionismo, e Fabio Granata, ex e rimpianto assessore regionale e politico di lungo corso all’interno della destra, e scattano i ricordi, gli aneddoti e le analisi lungimiranti su ciò che è stato e su quello che sarà.

A Scicli – una delle capitali del barocco con la sua fantastica via Mormino Penna – Granata ha presentato il suo ultimo libro “Meglio un giorno”, edito da Eclettica, che racchiude un excursus appassionato e sentito sulla destra antimafia.

Nella narrazione del politico aretuseo trovano spazio i ricordi più recenti – con note anche polemiche sull’identità legalitaria della destra, a volte “annacquata” dall’epopea berlusconiana – e quelli più lontani ma vividi nella memoria che fanno riferimento all’amicizia di Granata con la famiglia Borsellino.

E il solo pensare a Paolo Borsellino fa scattare il ricordo a una storia di, coraggiosa e spavalda, solitudine. Isolato il giudice continuò nel suo lavoro ben conscio di essere ormai “un cadavere che cammina”.

Così come fu solo anche Beppe Alfano, giornalista de La Sicilia e corrispondente da Barcellona Pozzo di Gotto, che per le sue accorate denunce sul malaffare venne ucciso nel gennaio del 1993. Stesso discorso vale per Beppe Niccolai, eretico missino che stilò una relazione in commissione antimafia apprezzatissima anche da Leonardo Sciascia, e per Angelo Nicosia, deputato Msi ferito negli anni 70 a Palermo da un agguato mafioso per le sue denunce.

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“Il libro di Granata – spiega Buttafuoco – racconta delle scelte di campo nette. Spesso sembrava che chi abbia combattuto la mafia sia solo di sinistra. Ci sono stati uomini dello Stato e politici, come Pippo Tricoli, che hanno portato avanti determinati valori”.

E proprio sulla figura di Tricoli, politico di lungo corso e amico di Paolo Borsellino, Buttafuoco rivela un retroscena. Tra gli interventi previsti al funerale del giudice, ucciso nella strage di luglio di via D’Amelio, doveva esserci quello di Tricoli.

“Ma molte forze – spiega lo scrittore – comprese quelle del presidente dell Repubblica si opposero all’intervento di Tricoli che ben conosceva l’isolamento istituzionale in cui era piombato Borsellino e temevano delle parole dure. Così venne fatto di tutto affinché non parlasse. Una vergogna! E tra gli uomini che sfondarono il cordone delle forze dell’ordine per far accedere la gente dentro la Chiesa ricordo che vi era un certo Benito Paolone”.

Granata ricostruisce – con vive e dirette testimonianze – un percorso politico e umano che, per vicissitudini e scelte umane e politiche più o meno condivise, non è più unitario ma che continua a “camminare sulle spalle di tanti uomini”.

Si arriva al presente e al parodosso: il cognome Borsellino continua ad essere tormentato da polemiche. Lucia Borsellino, in aperto dissenso con il governo regionale, ha lasciato il suo incarico da assessore e andrà a Roma. Le è stata assegnata anche la scorta per le sue denunce circostanziate.

Sembra una storia ciclica che non smette di ripetersi. Con una scena dominata anche dalla mafia dell’antimafia. Ma, malgrado tutto, c’è chi continua a pensare che sia meglio “un giorno da Borsellino che cento anni da Ciancimino”.