VITTORIA – Su proposta delle Procura della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania hanno eseguito un provvedimento di applicazione di misura patrimoniale, emesso dal Tribunale etneo, Sezione Misure di Prevenzione, finalizzato al sequestro di attività commerciali, immobili, auto e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 45 milioni di euro, riconducibili a Giombattista Puccio, 58enne, detto “Titta U Ballerinu” per via della sua accertata appartenenza sia alla “Stidda” che al clan di Cosa Nostra.
Gli approfondimenti si sono basati sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione bancaria e contabile e evidenze di atti pubblici e scritture private. Tale attività, svolta dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Catania ha permesso di tracciare analiticamente il profilo soggettivo dell’uomo, di ricostruire il complesso quadro di imprese da lui di fatto gestito e tracciare gli asset patrimoniali dallo stesso illecitamente accumulati.
La sua “qualificata” pericolosità sociale emerge essenzialmente dagli esiti dell’indagine, nota come Operazione “Ghost Trash” che, nel dicembre del 2017, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale etneo su proposta di questo Ufficio, nei confronti di otto persone indagate per associazione a delinquere di stampo mafioso – finalizzata all’acquisizione di posizioni dominanti nel settore economico della realizzazione di imballaggi destinati alle produzioni ortofrutticole di Vittoria, in provincia di Ragusa -, intestazione fittizia di imprese e traffico illecito di rifiuti.
In tale contesto, Giombattista Puccio – attualmente detenuto presso il carcere di Siracusa – è stato destinatario del provvedimento di custodia cautelare personale, responsabile della creazione di un vero e proprio “cartello mafioso di imprese” che ha assunto il dominio del settore degli imballaggi nel territorio di Vittoria.
Nel corso dell’indagine, le investigazioni condotte dal Gico del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Catania hanno accertato il coinvolgimento di alcune aziende riferibili all’uomo, in un articolato sistema di illecito stoccaggio di rifiuti e sono giunte a ricostruire un nuovo modus operandi dei consessi mafiosi che agiscono in territori, quale quello di Vittoria, caratterizzati da importanti realtà produttive, ossia l’acquisizione esclusiva del controllo di settori economici di rilievo come quello, nel caso specifico, della produzione degli imballaggi.
Questo controllo del settore è originariamente avvenuto con il ricorso alle tipiche modalità dell’agire mafioso, caratterizzate dal sopruso e dall‘intimidazione: le aziende di Puccio poi, divenute leader nel settore della produzione degli imballaggi per prodotti ortofrutticoli grazie alla riconosciuta appartenenza dei loro titolari all’organizzazione mafiosa, hanno estromesso le aziende concorrenti che non si piegavano alle condizioni imposte, assumendo in tal modo il controllo dell’intera filiera commerciale.
Tale modo di agire è stato confermato anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia secondo le quali: da decenni il mercato degli imballaggi di Vittoria è in mano a imprese mafiose che, attraverso l’opera diretta degli affiliati al clan Dominante-Carbonaro, impongono agli operatori del settore – con la forza dell’intimidazione e senza ricorrere, quasi mai, all’uso della violenza – l’acquisto di cassette di plastica per l’ortofrutta da aziende conniventi a loro riconducibili; le aziende che non accettano tali condizioni vengono tagliate fuori dal mercato. Proprio in tale sistema affaristico, che ha asfissiato ogni libera iniziativa economica, Giombattista Puccio stabiliva i prezzi di vendita ripartendosi gli utili con gli altri sodali.
La caratura criminale di “Titta” è anche evidenziata dalle sue precedenti condanne con sentenze definitive intervenute, nel 1999, “per aver offerto assistenza a diversi latitanti appartenenti alla Stidda” e, nel 2003, “per aver fatto parte del clan di Cosa Nostra Mammasantissima negli anni 1997 e 1998”.
Nelle sue imprese mafiose, operanti da anni nella produzione di imballaggi per i prodotti ortofrutticoli e nella gestione dei rifiuti, formalmente amministrate da prestanome (tra i quali, i due figli Giovanni e Luigi, la figlia Giuseppina, le nuore Zaira Scribano e Floriana Guarnera e persone di fiducia quali Salvatore Asta e Gianluca Sanzone) Puccio non appariva quale titolare di cariche sociali, pur gestendone in prima persona i lucrosi affari. Infatti, il “Titta”, emerso quale dominus indiscusso nei rapporti con i diversi clienti e fornitori, al fine di escludere l’applicazione di misure di aggressione patrimoniale nei suoi confronti, assegnava quote sociali e incarichi amministrativi ad altre persone che, tuttavia, rispondevano solo al suo volere.
A supporto di tale compendio indiziario, le indagini patrimoniali delegate ai Finanzieri, hanno fatto rilevare la sproporzione, per oltre due milioni di euro, delle attività economiche possedute dall’uomo e dalla sua cerchia familiare rispetto ai redditi da loro dichiarati al fisco.
Inoltre, grazie anche ai riscontri ottenuti dall’esecuzione di attività ispettive di carattere fiscale, i militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria hanno acclarato la stabile riconducibilità al proposto delle seguenti attività d’impresa, tutte colpite dalla odierna misura patrimoniale di prevenzione:
Le complesse indagini patrimoniali – eseguite anche con l’ausilio del sofisticato software “Molecola” sviluppato dalla Guardia di Finanza per l’acquisizione massiva e l’analisi di tutte le informazioni rilevabili dalle numerose banche dati in uso al Corpo – hanno consentito anche di sottoporre a sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione i seguenti beni mobili e immobili risultati acquisiti in un arco temporale nel quale l’uomo e i suoi prestanome non disponevano di mezzi finanziari sufficienti alla loro acquisizione:
Il complessivo patrimonio sottoposto a sequestro per la successiva confisca, è stato stimato in circa 45 milioni di euro.
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