“Tu sei mio figlio”, 12enne costretto a mentire da scafista: un donna, “Quell’uomo mente”

POZZALLO – La Polizia a seguito dello sbarco di ieri ha raccolto gravi indizi di colpevolezza a carico di: Haitem Dahaman, tunisino di 35 anni, e Chahed Lassad, tunisino di 34 anni.

Secondo i testimoni sono loro che hanno condotto l’imbarcazione partita dalle coste tunisine. Il responsabile del delitto previsto dall’art. 12 D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286, concorreva con altri soggetti presenti in Tunisia al fine di trarne ingiusto ed ingente profitto, compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone, perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro, per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità e, inoltre, per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

I migranti sono stati ospitati presso l’Hot Spot di Pozzallo per essere visitati, identificati e trasferiti in altri centri.

Alle ore 9,25 di giovedì scorso, il velivolo “Opsrey 1” informava la Nave “Protector” della presenza di un’imbarcazione carica di migranti in posizione. La Protector si dirigeva verso quel punto di mare e dava inizio alle operazioni di salvataggio e trasbordo di complessivi 62 migranti. Alle successive ore 17,10 si disponeva che tutti i 62 migranti fossero trasbordati sulla nave “Francisco de Almeida”.

Alle ore 17,35, IMRCC di Roma segnalava alla nave “Francisco de Almeida” che vi era un’imbarcazione in legno carica di migranti. Alle successive ore 20,05 dava inizio alle operazioni di trasbordo di 105 migranti.

Dopo gli eventi sopra indicati, la stessa nave “Francisco De Almeida” rintracciava in mare un’altra barca in legno, con a bordo complessivamente 129 cittadini extracomunitari di prevalente nazionalità tunisina. Eseguite le operazioni di trasbordo relative ai tre eventi, la nave si dirigeva verso il porto di Pozzallo, dove giungeva alle ore 9 di venerdì e sbarcava i 296 migranti.

Dopo le operazioni sanitarie di rito, i migranti venivano trasferiti presso l’Hotspot per le operazioni di identificazione. 

Gli uomini della Polizia di Stato – Squadra Mobile Questura di Ragusa – con la partecipazione di un’aliquota della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Pozzallo, hanno sottoposto a fermo due scafisti per aver condotto due barche in legno cariche di migranti dalla Tunisia a Pozzallo.

Anche questa volta la Polizia riesce a individuare gli scafisti grazie alle testimonianze dei migranti. Uno di loro ha provato a eludere le indagini fingendo di essere partito dalla Tunisia insieme al figlio. Durante le attività d’investigazione, una donna della Costa d’Avorio si avvicina a uno dei poliziotti della Squadra Mobile per riferire che quel bambino (indicandolo) non era il figlio di quel signore (lo scafista).

Con assoluta discrezione il bambino veniva separato, con la scusa del gioco, dal presunto padre e una volta lontano veniva messo a suo agio così da raccontare la verità. Lui ha 12 anni ed è andato via dalla Tunisia ma non lo conosce quel signore, lui è stato minacciato. “Devi dire che sei mio figlio altrimenti mi mandano di nuovo in Tunisia”. Lo scafista aveva adottato questo sistema per eludere le indagini ed evitare il rimpatrio in Tunisia perché i minori non possono essere espulsi quindi sperava di poter restare qui con la scusa di essere il padre.

Nonostante questo tentativo, il minore è stato affidato a una comunità mentre lo scafista è stato condotto in carcere e, al termine della sua permanenza nell’Istituto di Pena, dovrà tornare in Tunisia.

Dalle indagini è emerso che i migranti sono partiti dalla Tunisia in quanto volevano raggiungere l’Europa perché in scarse condizioni economiche e hanno pagato mediamente 1.000 euro. Grazie alle testimonianze dei passeggeri è stato possibile arrestare lo scafista che su disposizione dell’Autorità Giudiziaria è stato condotto in carcere.

La Squadra Mobile di Ragusa, oltre ad aver indagato per individuare gli scafisti, ha condotto approfondite indagini in ordine a tutti i tunisini sbarcati già espulsi dal territorio italiano.

Dagli accertamenti effettuati a seguito del rilevamento delle impronte digitali da parte della Polizia Scientifica, la Squadra Mobile ha appurato che decine di tunisini erano già stati in Italia e avevano commesso reati, soprattutto al nord Italia oppure erano già stati espulsi, alcuni poche settimane fa.

Al termine delle indagini, sono ben 9 i soggetti destinatari di provvedimenti giudiziari e che pertanto sono stati arrestati: 7 sono stati arrestati per aver fatto ingresso in Italia dopo l’espulsione, mentre 2 sono stati arrestati perché su di loro pendeva un mandato di cattura per aver commesso in Italia (quando dimoravano nel nostro paese prima di essere espulsi) diverse fattispecie di reato, in particolar modo traffico di stupefacenti, rapina e lesioni.

Tutti e 9 i soggetti sono stati arrestati e condotti presso nel carcere di Ragusa a disposizione della Procura della Repubblica iblea.

Le indagini condotte dalla Polizia Giudiziaria, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto il responsabile del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ragusa, gli investigatori hanno infatti ristretto gli scafisti che dopo le formalità di rito e l’identificazione da parte della Polizia Scientifica sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea impegnata in prima linea sul fronte immigrazione. Sono ormai quotidiane le udienze di incidente probatorio e quelle che portano alla condanna degli scafisti, rispettivamente per la ulteriore cristallizzazione in sede processuale della prova anche ai fini dibattimentali. Al riguardo molte le sentenze di condanne dell’Autorità Giudiziaria.