Denuncia la scomparsa di una bracciante rumena: emerge una storia di stupri e vessazioni

VITTORIA – Le indagini sulla sparizione di una donna rumena residente a Vittoria hanno permesso alla polizia di risalire ad una storia di stupri ed abusi e di arrestare i responsabili dei suddetti reati.

Maria, il nome di fantasia attribuito alla vittima, lavorava come bracciante agricola in alcune serre site nelle campagne di Vittoria: i suoi sforzi venivano ricompensati con 25 euro al giorno, lo stesso non si può dire delle umiliazioni a cui veniva quotidianamente sottoposta e che non saranno mai risarcite a sufficienza. I suoi colleghi di lavoro, per la maggior parte uomini, le usavano spesso violenza sessuale; a niente valevano le sue eventuali proteste.

Un giorno però un uomo tunisino, anche’egli bracciante, accorre alle sue richieste di aiuto e la porta in salvo. La gratitudine della donna dura poco: l’uomo, poi identificato come B.S., 28 anni ed originario della Tunisia , non ha mancato di violentarla a sua volta.

La poveretta allora fugge lontano da quei campi: il suo falso salvatore, forse per crearsi un alibi, ne denuncia la scomparsa ed insinua il sospetto che Maria sia stata rapita dal suo datore di lavoro (il quale a parere di B.S. nascondeva la donna per sottrarla alle attenzioni dei braccianti).

Gli uomini della squadra mobile, intuendo che le cose non stavano esattamente così, hanno deciso allora di agire sotto copertura: alcuni agenti si sono finti braccianti agricoli e hanno indagato “da vicino” su Maria e sui suoi colleghi di lavoro. Non sono mancate poi le intercettazioni telefoniche. A distanza di pochi giorni gli agenti hanno così potuto raggiungere Maria: le condizioni di salute della donna rumena sono subito apparse ottime, diversamente dallo stato emotivo in cui tuttora vessa la poveretta.

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Condotta subito in commissariato, la donna ha accettato di raccontare la sua storia agli agenti di polizia: Maria è arrivata in Italia 18 mesi addietro. Una connazionale le aveva proposto di venire a Vittoria a lavorare come bracciante agricola. La poveretta ha subito accettato: sapeva di poter guadagnare 25 euro al giorno pur lavorando quotidianamente per 10 ore di seguito e di dover vivere in una baracca di legno, ma non le importa. La prima volta che Maria ha avuto necessità di raggiungere il centro del paese, e quindi di chiedere un passaggio in macchina, è stata costretta a cedere alle avances sessuali del suo accompagnatore, un collega in Italia da più tempo. In men che non si dica la poveretta ha intuito che il suo corpo, volente o nolente, sarebbe stata merce di scambio da offrire ad altri braccianti o persino ai datori di lavoro per ottenere alcuni “privilegi”: un tetto sulla testa, un passaggio dal medico, ecc.

Molte volte Maria quindi nemmeno protestava, a malincuore accontentava l’uomo di turno. Purtroppo ciò preclude alla polizia la possibilità di perseguire penalmente le persone che hanno praticamente costretto la donna alla prostituzione: del resto la bracciante rumena ha affermato che non avrebbe in alcun caso denunciato i suoi persecutori. Tutte le brutture del suo mondo trovavano sfogo in quella che la poveretta riteneva un’amicizia sincera. Il suo confidente era proprio il bracciante tunisino di cui sopra. L’uomo, inizialmente innamoratosi della collega rumena, aveva deciso di proteggerla da quelle aggressioni sessuali più o meno brutali, ma, rifiutato da Maria, ha scelto di comportarsi come tutti gli altri; tempo fa minacciò con una pistola giocattolo la malcapitata che, non resasi conto che l’arma fosse finta, ha dovuto concedere all’ex amico dei favori sessuali.

Quando Maria ha trovato finalmente il coraggio di scappare via, il bracciante tunisino ne ha denunciato la scomparsa ad un’associazione di volontariato, la stessa che da tempo collabora con la squadra mobile di Ragusa.

Non appena per i campi si è sparsa la voce del ritrovamento di Maria, quest’ultimo ha tentato ancora di contattarla e di avere rapporti intimi con la poveretta: “tu devi stare con me, io ho bisogno di avere un rapporto sessuale o sto con te o prendo un’altra donna, non mi interessa, io non ho rapporti da 15 giorni” le ha urlato al telefono.

Maria adesso ha ritrovato la serenità: vive in un luogo protetto e si mantiene lavorando ancora nei campi. Intanto il bracciante tunisino è stato arrestato. Le indagini condotte in merito alla sparizione di Maria hanno consentito alla squadra mobile di Ragusa di approfondire il fenomeno del caporalato e del lavoro in nero nei campi. Inoltre sono state individuate delle precise responsabilità per le sofferenze della bracciante rumena.

La vicenda è stata così commentata da Antonio Ciavola, commissario capo della polizia di Ragusa: “La polizia di stato continuerà a vigilare sulle campagne ragusane al fine di scongiurare ulteriori episodi di violenza o di sfruttamento ai danni dei lavoratori. Particolare attenzione viene da sempre prestata da parte della squadra mobile alle donne vittime di una doppia violenza, quella dello sfruttamento sui luoghi di lavoro da un punto di vista sessuale e professionale“. 

Una vicenda quella di Maria che non manca di lasciare l’amaro in bocca, ma che per fortuna sembra avviarsi verso il lieto fine.

Valentina Idonea

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