Pizzo agli imprenditori catanesi: chi sono gli esponenti del clan Santapaola-Ercolano finiti in manette

Pizzo agli imprenditori catanesi: chi sono gli esponenti del clan Santapaola-Ercolano finiti in manette

CATANIANella mattinata dell’8 novembre, su delega di questa Procura Distrettuale della Repubblica, la Polizia di Stato di Catania ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare della custodia in carcere, emessa il 27 ottobre dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di:

1.  Alfio CURRAO, 55 anni

2.  Fabrizio CURRAO, 30 anni

3.  Alessandro DI STEFANO, 22 anni

4.  Antonio DI STEFANO, 44 anni

5.  Giuseppe DONATO, 48 anni

6.  Natale Alessandro DONATO, 20 anni

7.  Domenico GERACI, 57 anni

8.  Salvatore Gianluca GERACI, 33 anni

9.  Salvatore GUGLIELMINO, 57 anni

10.  Vincenzo GUIDOTTO, 42 anni

11.  Carmelo LITRICO, 49 anni

12.  Nunzio MAMMINO, 45 anni

13.  Lorenzo PINNAVARIA, 31 anni

14.  Salvatore PINNAVARIA, 26 anni

15.  Alfio RANNESI, 27 anni

16.  Carmelo RANNESI, 58 anni

17.  Girolamo RANNESI, 60 anni

18.  Giuseppe RANNESI, 53 anni

19.  Salvatore RANNESI, 55 anni

20. Francesco  TOSCANO, 57 anni

21.  Pietro VITTORIO, 44 anni

Sono gravemente indiziati, allo stato degli atti ed in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’instaurazione del contraddittorio con l’intervento delle difese, dei delitti di associazione di tipo mafioso, clan Santapaola – Ercolano, estorsione, tentata rapina, ricettazione, intestazione fittizia di beni, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.

Il provvedimento restrittivo compendia gli esiti dell’attività di indagine, coordinata da questo Ufficio della Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, originata dalla richiesta estorsiva avanzata nei confronti di un noto ristoratore catanese al quale erano stati prospettati, nel mese di agosto 2019, attentati incendiari se non si fosse sottomesso al pagamento del pizzo. Al medesimo imprenditore erano state anche recapitate due cartucce calibro 7.65 da parte di due affiliati al sodalizio mafioso, con l’avvertimento che se non avesse accettato le loro richieste sarebbe stato oggetto di attentato.

Le investigazioni, condotte dalla locale Squadra Mobile, avrebbero consentito di identificare, sempre per quanto risulta allo stato delle emergenze processuali in cui non è ancora instaurato il contradittorio delle parti, gli autori di entrambi i tentativi di estorsione in Nunzio Mammino  e Alessandro  Di Stefano e di ricondurre l’attività illecita ad una articolazione territoriale del clan Santapaola – Ercolano, denominata Squadra di Lineri, radicata nell’area nord del capoluogo etneo, i cui capi storici si individuavano in  Giuseppe Pulvirenti detto “u Malpassotu”, uomo d’onore di Cosa nostra catanese, ed il genero di lui  Giuseppe Grazioso detto “Pippo”.

La prosecuzione delle indagini, ad opera degli investigatori della Sezione antiestorsione del-la Squadra Mobile catanese, permetteva di ricostruire l’organigramma dell’anzidetta consorteria mafiosa, il cui vertice sarebbe stato individuato in Girolamo Rannesi, coadiuvato dai fratelli Salvatore e Giuseppe, e dal fedele affiliato Alfio Currao, che sarebbe legato alla famiglia Rannesi da ininterrotta comune militanza e da consolidati rapporti personali di natura amicale. L’importanza, nel panorama criminale, della famiglia Rannesi sarebbe rafforzata dal vincolo di sangue che Girolamo Rannesi aveva con Giuseppe Grazioso, di cui era il genero, tanto che sarebbe considerato un uomo d’onore di Cosa nostra catanese ed uno dei soggetti di riferimento per il sodalizio mafioso in tutta la Provincia. Allo stesso modo, sarebbero stati identificati i gregari dell’organizzazione, ai quali i vertici avevano assegnato compiti esecutivi (come la riscossione delle estorsioni e la commissione di rapine e di altre attività illecite), che sarebbero stati sotto il comando di Giuseppe Donato, braccio destro di Girolamo Rannesi, la cui officina di carrozzeria avrebbe rappresentato il quartier generale del sodalizio. È stato possibile, inoltre, individuare, nel capillare e radicato sistema estorsivo, il principale business illecito dell’organizzazione nei confronti di imprenditori e commercianti che, ben conoscendo la storia criminale di alcuni degli appartenenti al sodalizio indagato e scoperto, si sono sottomessi al pagamento dell’estorsione in favore della Squadra di Lineri.

Nel corso delle indagini venivano acquisiti elementi di riscontro, attraverso numerosi arresti in flagranza di reato di taluni affiliati chiamati a riscuotere mensilmente le rate estorsive; in occasione di uno di questi arresti, veniva rinvenuta e sottoposta a sequestro la c.d. carta delle estorsioni, contenente – secondo la prospettiva accusatoria – l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione che si trattava di numeri da giocare all’enalotto con l’evidente fine di depistare eventuali investigazioni in caso di rinvenimento.

In proposito, sono state individuate numerose attività imprenditoriali (circa una ventina) che da anni hanno versato all’organizzazione mafiosa ingenti somme di denaro con cadenza mensile o semestrale. Si è stimato, approssimativamente, che l’organizzazione incassasse da ogni singolo imprenditore, mediamente, la somma di 250 euro mensili con un profitto illecito annuale di circa 70.000 euro.

Le dichiarazioni delle persone offese che si sono determinate a collaborare con gli inquirenti, denunziando le condotte criminose di cui erano vittime, hanno rappresentato una delle principali fonti a supporto dell’intero impianto accusatorio posto a fondamento della misura cautelare. In altri casi, nonostante l’evidenza della prova, subendo il timore di possibili ritorsioni, i commercianti hanno preferito tacere o dire il falso e sono in atto indagati per il delitto di false informazioni al Pubblico Ministero.

Inoltre, nel corso dell’indagine si è accertato che parte dei proventi erano destinati alle spese per la difesa legale degli arrestati, nonché per il sostentamento economico delle loro famiglie di cui i capi del clan si erano fatti carico. Il provvedimento restrittivo ha colpito anche i beni patrimoniali dell’organizzazione, disponendo il sequestro di un’attività commerciale, fittiziamente intestata a soggetti di comodo, ma che di fatto sarebbe riconducibile alla famiglia RANNESI, nonché autoveicoli nella disponibilità dei soggetti organici alla consorteria mafiosa e utilizzati per compiere le varie attività criminose.

I destinatari dell’anzidetta misura cautelare sono stati rintracciati nella mattinata odierna e tradotti in carcere, ad eccezione di coloro che erano già detenuti, per altra causa, nei confronti dei quali il provvedimento è stato notificato presso i relativi istituti di pena. Per le vaste ed articolate attività dinamiche sul territorio ed il rintraccio e cattura dei destinatari delle misure cautelari emesse, la Squadra Mobile della Questura di Catania è stata coadiuvata dal Servizio Centrale Operativo e ha agito sotto il diretto coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato che ha inviato nel Capoluogo etneo diversi equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine. Non è mancata la partecipazione di unità della locale Questura e delle sue articolazioni nonché di unità specializzate come Polizia Scientifica, Reparto Mobile e anche di un elicottero del Reparto Volo. Nel complesso sono stati impiegati circa 150 operatori.