Pippo Fava, nel ricordo di Adriana Laudani alla Scuola Media “Q. Maiorana” di Catania

Pippo Fava, nel ricordo di Adriana Laudani alla Scuola Media “Q. Maiorana” di Catania

CATANIA – La data del 5 gennaio 1984 dovrebbe essere registrata in maniera indelebile nella mente, e nel cuore, dei Catanesi. Quel giovedì sera, intorno alle 22, nei pressi del Teatro Stabile, dove aveva finito di recitare la nipotina Francesca, Pippo Fava, scrittore, drammaturgo, giornalista – come preferiva essere definito – veniva assassinato da un commando mafioso. Il delitto avrebbe dovuto scuotere la città, ma una Catania distratta, illusa che la mafia fosse un fenomeno solo Palermitano o, peggio ancora, collusa con lo stesso malaffare mafioso, si voltò dall’altra parte, piuttosto infastidita dal clamore suscitato da quell’uccisione.

Sarebbero trascorsi più di dieci anni prima di scoprire che mandanti ed esecutori appartenevano al clan mafioso dei Santapaola, che le ragioni economiche e passionali oggetto di indagine dei primi investigatori non erano altro che depistaggi e che il delitto, secondo i collaboratori di giustizia, era stato perpetrato anche come favore ai cosiddetti cavalieri del lavoro perché, come ebbe a dire, secondo le cronache, lo stesso Nitto Santapaolase questo continua a parlare come parla e a scrivere come scrive, per i cavalieri del lavoro è tutto finito. Per loro e per noi”.

Ed essendo probabile che dovrà passare ancora del tempo perché la città faccia, fino in fondo, i conti con questo suo passato, ecco che il compito di mantenere viva la memoria di quegli anni – compito assunto, innanzitutto, dalla Fondazione Fava, presieduta proprio dalla nipote Francesca – diviene di fondamentale importanza per la storia, presente e futura, di questa città che, seppur cambiata, non ha messo alle proprie spalle il problema mafia.

Forti di questa volontà di conoscenza, opportunamente preparati dai loro docenti, coordinati dalla Dirigente Scolastica dott.ssa Gisella Barbagallo, e dalle professoresse Chiara Crifò e Loredana Scuderi, nel corso della scorsa settimana, i ragazzi della Scuola Media Statale “Q. Maiorana” hanno avuto il piacere ed il privilegio di incontrare l’avv. Adriana Laudani, testimone di primissimo piano di quegli anni. Consigliere comunale nella Catania della seconda metà degli anni Settanta, parlamentare regionale ed esponente di spicco del PCI siciliano guidato da Pio La Torre, ucciso dalla mafia nel 1982, ma innanzitutto “padre” dell’articolo 416 bis e del principio della confisca dei beni ai mafiosi, la Laudani, avvocato difensore per la famiglia del generale Dalla Chiesa e al processo per l’omicidio del giudice Chinnici, ha rappresentato la parte civile nel processo per  l’assassinio di Pippo Fava.

Grazie alla sua voce chiara, competente e appassionata, i ragazzi sono stati proiettati in un’epoca a loro distante, immediatamente percepita, però, come degna di essere conosciuta, approfondita. Affascinati dalla figura di quel giornalista dai modi simpatici, ma risoluti che si chiedeva “a che serve essere vivi, se non si ha il coraggio di lottare?”, i ragazzi hanno, così, voluto sapere delle minacce che precedettero la sua uccisione, delle inchieste condotte da lui e dai suoi giovani redattori de “Il Giornale del Sud” e de “I Siciliani”, degli esiti del processo, delle collusioni, nella Catania di allora, tra mafia, imprenditoria e mondo dell’informazione.

Il ritratto tracciato dalla Laudani, arricchito da numerosi riferimenti alla propria esperienza personale accanto a servitori dello Stato come Giovanni Falcone e Pio La Torre, ha proposto ai ragazzi l’immagine non di un eroe né, tantomeno, di una vittima nella lotta contro la mafia, ma di un uomo convinto della necessità di fare sempre e comunque il proprio dovere e capace, nonostante le umane paure, di condurre tale decisione fino alle estreme conseguenze.

Io ho un concetto etico del giornalismo”, scriveva infatti Pippo Fava, nel senso che “un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. […] Un giornalista incapace, per vigliaccheria o calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere”.

Un incontro di grande spessore ed emozione, in definitiva, per il quale i ragazzi, i docenti e la dirigente della “Q. Maiorana” hanno più volte ringraziato la Laudani, visibilmente felice di aver potuto trasmettere ai giovani presenti parte della sua esperienza, della sua passione, del suo modo di intendere la partecipazione alla vita di una comunità.

Un incontro prezioso, quello con Pippo Fava e Adriana Laudani, che rappresenterà il punto di partenza del lungo e approfondito lavoro sulla mafia, già programmato dalla Scuola, che avrà il suo culmine nel maggio del prossimo anno, nella settimana in cui si ricorderà il trentennale della strage di Capaci.