PALERMO – Erano in tanti a crederci contro il pronostico, contro le deludenti prestazioni precedenti, contro la forza del Venezia. Ma ieri sera, al gol di Tessmann dopo appena quattro minuti di gioco, sono svanite tutte le speranze di una riscossa che non è stata neanche tentata, anzi, da come sono entrati in campo, sembrava che dovessero essere i lagunari a dover vincere con due gol di scarto per superare il turno.
È stata una resa non tanto nell’impegno, che c’è stato, ma nella personalità con la quale si è affrontata la gara. Il Palermo ha dato subito la sensazione di una squadra impaurita, preoccupata di subire una goleada, anziché impegnata nel tentativo di recuperare un risultato difficile, ma non impossibile.
Quando Tessmann ha trafitto Pigliacelli, con un gol fotocopia di tanti presi in stagione e uguale a quello segnato da Pierini nella gara di andata al Barbera, tiro dal limite senza che nessun difensore chiudesse lo spazio per la battuta a rete, si è capito quanto sia necessario mettere un punto e ricominciare daccapo con altri protagonisti e altro direttore d’orchestra.
Tante le colpe dei giocatori, disattenzioni, cali di tensione, chiusure intempestive, ma ancor più gravi le responsabilità della guida tecnica: è sembrato un azzardo continuare a schierare dall’inizio Insigne, mai sopra la sufficienza nelle poche volte in cui è sceso in campo e in ogni caso poco adatto al gioco maschio, in una partita che, presumibilmente, avrebbe avuto nel ritmo, nella determinazione e nella forza fisica le chiavi di volta per tentare di ribaltare il risultato.
Gli unici in campo che hanno ieri dato prova di crederci nella riscossa sono stati Di Mariano, coraggioso a tentare l’uno contro uno sulla fascia sinistra per acquisire la superiorità numerica, Diakitè, con il suo continuo avanti e indietro sul fronte opposto a destra, e Segre, instancabile motore a centrocampo, scarsamente coadiuvato da Ranocchia.
Il gol del k.o. definitivo è arrivato prima della fine del primo tempo, al 43° minuto ad opera di Candela, implacabile nel mettere in rete un prezioso assist di Zampano.
Il secondo tempo non ha avuto storia. Ha tentato Mignani ad inizio ripresa, passando alla difesa a quattro con gli ingressi di Aurelio e Nedelcearu al posto di Graves e Marconi, di rendere più offensiva la squadra, ma gli effetti non ci sono stati.
L’entrata in campo al 56° di Di Francesco, al posto dell’evanescente e inconcludente Insigne, ha portato quantomeno un po’ di ritmo e qualche iniziativa offensiva in più, ma la scarsa vena di Brunori, preoccupante la sua involuzione, e l’isolamento di Soleri hanno reso sterile l’intraprendenza del n. 17 in maglia rosa.
Il gol del Palermo, autorete di Svoboda all’85°, con una deviazione che ha beffato Joronen sul tiro di Traorè entrato al 56° al posto di Soleri, in contemporanea all’ingresso di Mancuso in sostituzione di Brunori, ha reso meno amaro l’epilogo di una partita e di una stagione da dimenticare.
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