PALERMO – Seconda sconfitta consecutiva per il Palermo, che cade sotto i colpi di un’ordinata e quadrata Viterbese. Allo stadio Enrico Rocchi finisce 1-0 per i padroni di casa, abili a sfruttare le amnesie difensive degli uomini di Boscaglia. A decidere il match un gol di Adopo in pieno recupero nel primo tempo.
Una vittoria simbolo non solo del momento no della compagine palermitana, ma dell’intera stagione del club di viale del Fante. Il gioco latita e lo si vede dai tiri effettuati nello specchio della porta avversaria (soltanto uno nel primo tempo). Problemi che erano noti già da inizio stagione, con un mercato che non ha dato la punta e il regista che i tifosi e, soprattutto, Roberto Boscaglia attendevano dal mercato.
All’assenza di un’anima dal punto di vista del gioco, si è aggiunto anche un nervosismo evidente nei dati delle ultime partite. Tre espulsioni nelle ultime due gare, di cui due oggi. Almici perde la testa durante il secondo tempo e si fa espellere per somma di ammonizioni nel giro di un minuto, compromettendo definitivamente una partita già segnata. Un eccesso di rabbia e frustrazione agonistica, certificato anche dal rosso diretto rimediato da Odjer nel finale di partita.
Una situazione figlia anche di uno spogliatoio poco sereno. Situazione evidenziata anche dalla mancata convocazione, decisa dal tecnico Roberto Boscaglia, di Kanoute, lasciato a casa per motivi disciplinari. Se prima quindi il gruppo rosanero, nonostante le difficoltà, si comportava da squadra, oggi gli uomini messi in campo dal tecnico gelese sembravano entità singole e distaccate l’un dall’altro. Una situazione che, se si unisce ai problemi societari fra Dario Mirri e Tony Di Piazza, certifica la confusione che regna all’interno del club rosanero.
Vista la situazione, i vertici del Palermo calcio hanno deciso di indire il silenzio stampa. Un modo per cercare di preparare un derby contro il Catania che, oltre ad essere una delle ultime spiagge in chiave play-off, rappresenta un modo per salvare la faccia in una stagione in cui ormai da salvare è rimasto davvero poco.
Pietro Minardi