GERACI SICULO – Geraci Siculo, in provincia di Palermo, è una delle località più belle e caratteristiche della Sicilia. Il borgo è definito “Perla delle Madonie” e ogni anno attrae milioni di turisti in giro per il Mondo. Scopriamo insieme tutto quello che c’è da sapere.
Inglobato nel Parco delle Madonie, Geraci Siculo (Jiraci in siciliano) è un paese dalle origini antiche con un impianto urbanistico risalente al Medioevo.
Siamo davanti a un borgo dedito all’agricoltura e alla pastorizia. La principale attività economica è lo stabilimento per la raccolta e imbottigliamento dell’acqua minerale proveniente dalle montagne locali.
Tutto il centro storico si snoda attraverso alcune stradine in ciottoli più o meno strette ma tutte caratteristiche. Nel tragitto si possono notare case tipiche una dietro all’altra, antiche chiese e palazzi ma una particolarità è che vi sono pochi – se non quasi assenti – negozietti di souvenir, nonostante sia una delle mete predilette soprattutto negli ultimi anni.
Per posteggiare, vi sono degli appositi stalli oltre ad aree di sosta, anche in pieno centro e a due passi dalle attrazioni principali. Alcuni di questi, però, sono a pagamento. Nulla di impossibile, insomma. Il paese si gira tranquillamente a piedi in pochissimo tempo.
Il borgo ha ricevuto importanti riconoscimenti: primo tra tutti è stato designato come uno dei Borghi più belli d’Italia (dove si trova la dicitura “Santi e Madonne sulle Madonie“) e poi è in possesso del marchio di qualità “Comune fiorito“. Tra l’altro, è stato l’unico candidato al concorso nazionale “Il Borgo dei Borghi 2020“, classificandosi secondo dopo Tropea. C’è da dire, però, che secondo le votazioni sul web è risultato il primo paese apprezzato dagli italiani, quindi è come se avesse vinto.
Sono tantissimi i punti di interesse di Geraci Siculo, per lo più si concentrano all’interno del centro storico da attraversare e ammirare per apprezzarlo al meglio.
Ecco cosa vedere assolutamente in questo bellissimo borgo medievale.
Il Bevaio della Santissima Trinità è stato fatto costruire dal marchese Simone Ventimiglia, poggia su un rettangolo di venti metri di lunghezza, ha due fontane laterali in pietra con quattro bocche che riversano l’acqua in coppe di arenaria e una vasca centrale dove l’acqua proveniente dalle fontane è riunita.
Una cornice merlata si eleva sul timpano e le fontane sono sovrastate da due piramidi, ognuna delle quali porta uno stemma, raffigurante le tre contee normanne, con tre strisce orizzontali e tre stelle e al di sotto due mascheroni.
Curiosità: La costruzione fu abbassata nel periodo fascista per renderla funzionale come abbeveratoio per gli animali.
Ciò che resta dell’antico Castello, che sotto i Ventimiglia fu una fortezza militare, è visibile dalla parte più alta del paese. La costruzione, presumibilmente risalente all’età Bizantina, fu la prima difesa occidentale della vasta Contea in quanto la sua posizione la rendeva inaccessibile.
Ad agevolare il tutto, vi era anche la struttura: all’interno gli ambienti avevano una distribuzione e collocazione militaresca, priva di lussi, ed era preparata ad resistere anche a lunghi assalti.
Del castello oggi restano solo dei ruderi: gli angoli mozzati delle torri, le feritoie, le cisterne vuote e la chiesetta di Sant’Anna.
La Chiesa di Sant’Anna custodiva un tempo il teschio della Santa, poi trasferito a Castelbuono. Si ritiene che sia la Cappella Palatina dei Ventimiglia e quindi la sua storia è legata inevitabilmente alle vicende storiche-culturali del signore di Geraci Siculo.
Fu costruita entro le mura del Castello da Francesco I Ventimiglia che ereditò la contea dal padre Alduino. Questo è attestato da una lapide all’interno della cappella.
Sull’altare vi è la tela raffigurante la Natività di Maria attribuita a Giuseppe Salerno, detto “Lo Zoppo di Ganci“, e nel muro di sinistra l’acquasantiera in pietra scolpita.
Il Salto del Ventimiglia è un affaccio panoramico molto particolare, collocato a pochi metri dalla Chiesa di San Giuliano e inaugurato nel 2014.
In questo luogo – nel 1338 – morì il Conte Francesco I Ventimiglia che, secondo la tradizione, per sfuggire alle truppe regie di Pietro II che assediavano Geraci Siculo, si buttò nel dirupo con il suo cavallo.
Oggi una passerella, in vetro e acciaio, lunga circa tre metri permette di godere uno spettacolo sui generis. Sconsigliato, però, a chi soffre di vertigini!
Nella Chiesa di San Giacomo sono conservati un crocifisso ligneo del ‘400 (raro esemplare legato alla corrente nordica del gotico doloroso in Sicilia), un affresco in stile bizantino e la statua lignea del santo.
Si trova vicino il Castello e la Chiesa è formata da una navata centrale e due ampie cappelle laterali.
La Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore ospita il fonte battesimale in marmo alabastrino della bottega dei Gagini (risalente alla metà del XVI secolo) e altre statue in marmo che raffigurano le Madonne della Neve, della Mercede e con il Bambino, oltre a diverse statue in legno di ignoti intagliatori siciliani del XVII e del XVIII secolo.
Merita una visita anche il tesoro esposto nella cripta, con paramenti sacri e altri oggetti.
La Biblioteca Comunale risale al 1866 circa e, all’interno, conserva, oltre a un considerevole patrimonio librario sia antico sia moderno, l’archivio storico e una tela raffigurante la Trasfigurazione sul monte Tabor che reca la firma dell’artista De Galbo (del 1794).
Grazie a una donazione, possiede un prezioso volume a stampa del famoso trattato di Federico II sulla Falconeria, l’unico esistente in Sicilia, risalente al 1595: Reliqua Friderici Imperatori De Arte Venandi Cum Avibus.
Come in ogni parte della Sicilia, la tradizione a tavola è fondamentale anche a Geraci Siculo e rispecchia a pieno la natura – essenzialmente contadina – del borgo.
Da gustare è la pittrina ca fasola, castrato al sugo con la “fagiola” verde locale. Meritano una menzione anche altri piatti a base di carne (sasizunedda ca addauro, polpette di carne tritata avvolti in foglie d’alloro) e di formaggio (la tuma con le acciughe e la tuma con lo zucchero).
Tra i primi ritorna il ragù di castrato, come condimento per i “maccarruna” di casa: pasta fresca che assomiglia a grossi bucatini. Tra i dolci, da provare sono i serafineddi (a base di miele e mandorle) e vuccunetta, nonché le cassate, ossia un biscotto di una pasta frolla con ripieno di marmellata di zucca o di fichi secchi.
Tantissime le esperienze da vivere a Geraci Siculo e gli eventi organizzati nel borgo.
In primis, da non perdere la Festa del Ringraziamento, dedicata ai Santi Bartolo e Giacomo. Oltre a questo, degna di nota è la Festa del Crocifisso, il 3 maggio: si tratta della ricorrenza religiosa più sentita dai geracesi, preceduta da un ottavario e che si svolge con una lenta processione in cui ogni devoto – a piedi scalzi – porta un cero in segno di ringraziamento.
Ogni 7 anni, la terza domenica di luglio, si svolge la Cavalcata dei Pastori (a Carvaccata): una sfilata a cavallo che parte dall’abitazione del “cassiere” – il più anziano e autorevole tra i pastori, un tempo il capo della comunità – e termina nella chiesa Madre dopo aver percorso le vie del paese. Montando cavalli e indossando i costumi tradizionali, i cavalieri portano in offerta i cavaddruzzi e i palummeddri, animaletti di caciocavallo da loro stessi realizzati.
Ancora, molto particolare è il Torneo Cavalleresco in costume d’epoca (XIV secolo) la cosiddetta “Giostra dei Ventimiglia“, che si celebra la prima settimana d’agosto. Si rievoca il tempo della contea dei Ventimiglia con sfilate, giochi cavallereschi, esibizioni di falchi in simulazione di caccia, cucina, musica e rappresentazioni medievali, esibizioni di cavalli d’alta scuola, incontri culturali, ricostruzione d’ambienti ed esposizione di prodotti tipici nelle tende medievali.
Infine, l’8 settembre è la volta della Festa della Vergine Maria Bambina – che si svolge nella Chiesa di Sant’Anna (cappella palatina) – in cui le neo mamme offrono dei ceci tostati ai fedeli, che li lanceranno sui tetti delle loro case durante i temporali per scongiurare pericoli e danni.
“Lo studio complessivo, condotto da Giuseppe Antista, su una città delle Madonie come Geraci acquista, almeno per me stesso, meriti suppletivi: indurci a riflettere su fasi della storia dell’architettura che forse oggi appaiono maturi per una revisione, rimettere in gioco architetture e luoghi che, spesso trascurati, meritano di rientrare nella più generale storia artistica dell’isola poiché contribuiscono a rafforzarne o persino a modificarne la percezione“
– Marco Rosario Nobile
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