PALERMO – La lunga maratona dell’Ars a sala d’Ercole iniziata intorno alle 12 e conclusa a sera non ha prodotto nulla. L’aula “sorda e grigia” non ha cambiato di una virgola la situazione politica. Stallo c’era e stallo ci sarà, ognuno è rimasto arroccato sulle proprie posizioni.
La Sicilia dei gattopardi che sbraitano e invocano un confronto salvo poi tirarsi indietro per timore del voto ha vinto nuovamente. È stata la giornata della mancata chiarezza: le larghe intese, o l’inciucio, sembrano essere lontane. L’unico risultato tangibile è stato l’annuncio di una mozione di sfiducia nei confronti del governatore,
Per Crocetta “si può fare un percorso comune, ma non si deve fare per forza. Questo presidente è stato eletto con una maggioranza e questa va cercata né con gli incuici né con i ribaltoni. Io oggi non propongo nessun patto, nessuno pensi che io capitoli. Io ho fatto un accordo politico e nessuno mi può chiedere nulla di diverso da quanto previsto da quel patto”.
Nel suo lungo intervento, durato la bellezza di 100 minuti, tra “dolori atroci” a causa di una gamba malconcia il governatore ha toccato diversi temi caldi delle cronache politiche: dal dissidio con Digiacomo alla piscina della Sgarlata, dal Piano Giovani alle imposizioni di rimpasto da parte del Pd.
Proprio sui democratici Crocetta ha ribadito di “aver partecipato all’elezione del segretario Raciti” ma di non voler “subire imposizioni e ordini”.
“Io mi auguro una ricomposizione – ha detto il presidente – perché il progetto di rivoluzione va avanti. Oltre la destra inconsistente e le velleità grilline”.
Poi è arrivato il Crocetta evangelico: “Un salmo dice “eccomi sono pronto” e io lo sono. Non mi spaventa la sfida elettorale. Adesso sono pronto al dialogo e al confronto e non accetto strumentalizzazione del dialogo all’interno del Pd, che per me è uno dei migliori partiti del panorama italiano”.
Le posizioni dei deputati sono rimaste immutate. I falchi sono rimasti rapaci e le colombe hanno portato il ramoscello della pace al presidente. Baldo Gucciardi, capogruppo del Pd all’Ars, nel suo intervento ha ribadito la strada del dialogo: “La Sicilia rischia il baratro mentre la politica rimane avvitata su se stessa. Jean Monnet diceva che dopo aver stabilito dove dover andare bisognava andarci in fretta”.
“L’elezione del presidente – spiega Gucciardi – racchiude un senso di responsabilità e la necessità di una nuova stagione di riforme”.
Anche Ferrandelli ha lanciato aperture a Crocetta: “Costruiamo insieme un motivo per guardare avanti, presidente Crocetta, un programma dei mille giorni. Un programma che trovi l’intero Pd impegnato qui in aula e che lo difenda nelle piazze siciliane per mille giorni. Un programma dei mille giorni, un programma sblocca Sicilia che trovi la sponda del governo nazionale e il consenso dei siciliani”.
Durissimi gli attacchi di Bruno Marziano e Antonello Cracolici, entrambi del Pd, e di tutti i deputati grillini. “Ho sostenuto l’elezione del presidente – ha affermato Cracolici – ma questo non significa che io debba pagare la scelta con il suicidio”.
La montagna ha partorito il topolino: alla fine l’unico dato certo è la presentazione di una mozione di sfiducia da parte del centrodestra nei confronti del governatore. Il Pd è rimasto spaccato, i grillini sempre più arroccati nelle loro posizioni, il centrodestra sembra deciso a non dare il là alle larghe intese, l’attuale maggioranza rimane al fianco del governatore ma con qualche riserva.
Tutto cambia per non cambiare nulla. La politica regionale, evidentemente, non è ancora pronta al voto.
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