Leopolda: Faraone rassicura Crocetta ma dov’è finita la sinistra?

PALERMOIl post Leopolda lascia in Sicilia una coda di polemiche, riflessioni e pensieri che scuotono il Pd siciliano da cima a fondo. Un Pd che ha cambiato pelle: da partito di lotta è oggi solo un partito di governo con tutte le considerazioni del caso e l’effetto – molto gettonato in Italia – “carro del vincitore” parecchio criticato dai duri e puri di fede diessina.

Durissimo il deputato regionale dem Antonello Cracolici che in un tweet ha condensato il pensiero di molti dell’area cuperliana del partito. Un attacco senza mezzi termini ai nuovi ingressi che – secondo Cracolici – si sarebbero riciclati.

Alla Leopolda – o meglio a Sicilia 2.0 – vi erano molti di questi cosiddetti riciclati. In primo luogo il gruppo di Articolo 4: i deputati Sammartino, Sudano, Ruggirello e Nicotra. Ma ancora l’ex sindaco di Forza Italia di Ragusa Nello Dipasquale (che si dice un “democristiano dentro il Pd”) e Nicola D’Agostino, ex Mpa ed ex Udc.

Ma tra gli organizzatori della kermesse c’era anche Alberto Firenze, ex consigliere comunale di Castelvetrano in quota Forza Italia, e tra i nomi noti in odore di candidatura vi è anche quello di Roberto Lagalla, rettore dell’università di Palermo, e indicato in passato come possibile assessore regionale in quota centrodestra.

Inoltre ha preso la parola anche Tommaso Currò – ex grillino dissidente – e uno dei tanti intervenuti con una storia politica differente dalla Quercia.

E poi l’ala più a sinistra del partito non deve aver gradito nemmeno la figura di Marco Zambuto, ex primo cittadino di Agrigento con Pdl e Udc e oggi presidente regionale del Pd, che non ha rinnegato il rapporto con Totò Cuffaro.

Moriremo tutti democristiani? È la domanda che si pongono in tanti dentro il Pd ma sembra che il nuovo corso proceda spedito tanto che i civatiani ne sono usciti con una diaspora di oltre 500 iscritti tra amministratori, dirigenti e attivisti che ha scompaginato il quadro e che porterà a un sodalizio con Sel.

Intanto Faraone ha rassicurato il presidente della Regione Crocetta chiarendo che non si tratta di un #Rosariostaisereno di renziana memoria: “Questo governo nasce perché tutti ci hanno messo la faccia, da Delrio a Renzi, fino a Faraone. Se gli assessori regionali erano qui seduti in platea o a coordinare i tavoli è perché si crede in questa squadra di governo, per cui nessuno deve avere dubbi”.

Per Faraone – che ha lanciato qualche frecciatina all’antimafia usata per far carriera – Sicilia 2.0 è stata l’occasione per far crescere un nuovo progetto e una nuova classe dirigente.

Andrea Sessa

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