Esiste una politica regionale per lo spettacolo? Risponde l’on. Alice Anselmo

PALERMO – Nel suo imperturbabile incedere contraddittorio l’Assemblea Regionale Siciliana spesso modifica in peggio quanto di buono aveva prima statuito. A questa ineluttabilità non si sottrae il dibattito sulle concrete destinazioni del FURS, il Fondo Unico per lo Spettacolo. Ne parliamo con il deputato regionale Alice Anselmo, avvocato e docente universitario, tra i più attenti ai fatti della cultura.

Chiariamo anzitutto per i lettori cos’è il FURS.

Il FURS è stato istituito con l’ultima finanziaria regionale e l’obiettivo è quello di cambiare il modo in cui enti e lavoratori dello spettacolo, sia pubblici che privati, possono accedere a finanziamenti per le loro attività. Invece di contributi a pioggia, spesso erogati a stagione già in corso se non addirittura terminata, l’idea è quella di finanziare i progetti dei vari teatri, festival, compagnie ecc. che operano nel campo dello spettacolo e che siano ritenute virtuose dimostrando, per quanto riguarda i soggetti pubblici, l’intenzione di opere di risanamento e per tutti un vero piano industriale; possibilmente anche la capacità di far girare gli spettacoli in produzione in altri circuiti con lo scopo di creare una rete viva e ampia e favorire lo scambio di idee”.

Ma i fondi FURS sono adeguati a sostenere il mondo dello Spettacolo siciliano, quello realmente meritevole, s’intende?

Al momento della sua istituzione sono stati stanziati per il FURS 5 milioni di euro e si è stabilito che non meno del 50% debbano essere destinati ai privati. Data la situazione critica di molti teatri pubblici in Sicilia si è deciso in seconda battuta di aggiungere 2 milioni di euro alla parte destinata ai soggetti pubblici, portando di fatto a 7 i milioni a disposizione e mantenendo la quota precedentemente stabilita per il settore privato”.

Non sempre sembra che i tagli alle spese operati dall’ARS vadano nella giusta direzione.

Io penso che sia già sbagliato ragionare per comparti. Si tratta di un unico organismo e non è pensabile abolirne delle parti. A mio avviso sarebbe più sensato riqualificare i settori meno produttivi ed efficienti e mettere a frutto le nuove competenze acquisite; questo costituirebbe una motivazione per i lavoratori che spesso si lamentano di restare inutilizzati e migliorerebbe la redditività del settore per la Regione. La chiave è portare la mentalità della gestione privata nel pubblico. Attualmente c’è da impiantare il bilancio regionale per il 2016 e mancano all’appello circa 1,4 miliardi di euro che dovranno possibilmente provenire da Roma. Destinare fondi alla produzione artistica e culturale è anche una scelta politica e di sensibilità a riguardo, ma soprattutto una necessità per mantenere viva quella che, operando con criteri previsti dal FURS, può essere considerata un’industria; un’industria che non inquina”.

Lei ha più volte posto l’accento sulla necessità di occuparsi dei beni del Demanio regionale che sarebbero alienabili, in quanto non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali. Il problema era stato già affrontato nei Piani di dismissione redatti dalle Province regionali, e la loro vendita garantirebbe notevoli introiti. Cosa si sta facendo realmente? E che ruolo possono avere le ormai ex Provincie?

Da tempo ho fatto presente che sarebbe opportuno cominciare con l’identificare e valutare questi beni, possibilmente con l’istituzione di un albo apposito, cominciando con quelli che, versando magari in condizioni d’abbandono, richiedono interventi per essere preservati e da quelli che costituiscono una spesa continua per manutenzione o custodia, secondo il criterio del buon padre di famiglia che razionalizza le risorse a sua disposizione. È necessario combattere l’inefficienza nella gestione di tali beni che, con l’abolizione delle Provincie, al momento sono competenza dell’Assessorato regionale al Bilancio. Successivamente sarà necessario decidere i criteri per un’eventuale assegnazione o per la vendita. Tra i primi passi mossi in questa direzione, c’è stata la decisione di fissare tra il 1° di giugno e il 30 luglio del 2016 i tempi per l’elezione stabile degli organi dei Liberi Consorzi Comunali, che assumeranno alcune funzioni delle ex Provincie”.

Ma questi tempi sono compatibili con le emergenze che la Regione deve affrontare, ad esempio per la viabilità? E l’attuale legislatura può durare ancora? Ha i numeri e la forza per fare scelte serie e coraggiose?

Le emergenze sono ataviche, ereditate non solo dalla passata legislatura ma dalle tante che sono venute prima. In qualche modo si ha l’impressione che i nodi stiano venendo al pettine tutti adesso e tutti contemporaneamente. La recente apertura a NCD aiuta la stabilità ma le votazioni in aula continuano a fare affidamento sul PD”.

Davide Bologna