PALERMO – Il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvarlo proprio oggi.
È il Decreto Legge sugli Enti Locali nel quale ci sarebbero anche i soldi per la Sicilia. Si tratta dei famigerati 500 milioni promessi da Roma a Palermo senza i quali saltano tutti i conti del bilancio, ma non soltanto di quelli.
I 500 milioni in questione solo praticamente obbligatori visto che passato giugno, senza quei soldi la Sicilia non ha più liquidità. Ma nel decreto legge sugli enti Locali c’è molto di più in base a quello che ha confermato l’assessore all’Economia Alessandro Baccei: “Quest”anno avremo dallo Stato un miliardo e ottocento milioni di euro (Faraone appena venerdì scorso aveva parlato di un miliardo e 400 e comunque il contante si attesta sempre intorno ai 500 milioni ndr), di cui 300 milioni sono di Iva che ritorna in Sicilia, attraverso la revisione delle norme dello Statuto. Un risultato atteso da 70 anni – sostiene Baccei – e che noi abbiamo fatto in sette mesi”.
La parola magica è tutta lì’: ‘attraverso la revisione delle norme dello Statuto‘ perché è proprio questo che Roma ha chiesto in cambio.
Ma oltre alle norme di natura economico-contabile la cui revisione sembra ormai una strada obbligata per la Sicilia viste le scelte fatte negli ultimi anni, sembra che nell’accordo sia comparsa una postilla a sorpresa.
Nascosta fra le pieghe dell’ipotesi di accordo c’è anche la modifica delle norme elettorali siciliani nella parte in cui si regolamenta la sfiducia al Presidente della Regione. Un piccolo omaggio che guarda al futuro e che in nessun caso potrebbe incidere, comunque, sul mandato dell’attuale Presidente della Regione.
I renziani, e questo si sa, avrebbero voluto mandare a casa Crocetta almeno 4 o 5 volte durante questa legislatura. Ma la norma sull’elezione diretta del Presidente della Regione prevede che per pronunciare una sfiducia occorrano 46 deputati regionali e che, insieme al presidente, vada a casa anche tutto il Parlamento.
Un ‘dettaglio’ che ha reso praticamente impossibile una sfiducia. Dove si trovano 46 deputati disposti a rinunciare all’indennità e a rischiare di non essere rieletti in un parlamento a 70 (e non più a 90) ? Già all’epoca della Presidenza Lombardo la maggioranza a trazione Pd che lo sosteneva (dopo aver perso le elezioni in quel caso) aveva tentato (con l’appoggio di altre forze politiche centriste) di far passare una norma sulla surroga del Presidente della regione in caso di morte o grave impedimento. Lombardo bloccò quel progetto con una polemica violenta, interpretando l’idea come un auguri di morte.
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