Caso Crocetta. Raciti: “Serve riportare i piedi per terra”

PALERMO – “Siamo in uno scenario aperto a tutte le ipotesi”. Lo ha detto Fausto Raciti, segretario del Pd in Sicilia, a Radio Anch’io su Radio1, in merito all’ipotesi di ritorno alle urne in Sicilia alla luce delle polemiche esplose in seguito alla presunta intercettazione telefonica tra il governatore Rosario Crocetta ed il suo medico personale Matteo Tutino, pubblicata dall’Espresso.

“Serve riportare i piedi per terra – ha sottolineato Raciti – Crocetta non è né un santo né un demone, mentre in appena 24 ore si è trovato sbalzato da demone a santo”.

“La nostra – ha aggiunto – è una valutazione politica. Crocetta ha fatto della sua caratura antimafia la cifra dell’azione politica”.

“Abbiamo vinto con lui le elezioni con il 35 per cento, ed è questa caratura quella che è stata messa in discussione dalle parole di Manfredi Borsellino durante il suo intervento nel corso della cerimonia di commemorazione del padre davanti al Presidente della Repubblica – ha puntualizzato -. Penso che il nostro compito sia dare una valutazione politica e amministrativa sulla giunta”.

E ancora “La sconfitta è anche nostra – ha aggiunto Raciti – noi abbiamo rilevato alcuni limiti di questa esperienza molto tempo fa e su questo abbiamo sempre in maniera trasparente posto i problemi al presidente della regione. In questi giorni in Sicilia il dibattito riguarda la gestione della sanità – ha ricordato Raciti -. Quando c’è stata la scelta sulla nomina dei manager della sanità il Pd , e io per primo, ci siamo messi di traverso perché ritenevamo che ci fossero in quella scelta molte forzature e logiche non convincenti fino in fondo, che avevano il sapore della spartizione. Oggi, le intercettazioni riportano a quel momento, in cui ci fu un aspro conflitto tra il Pd e Crocetta. Molto della responsabilità di quelle scelta è attribuibile a un circuito molto stretto, su cui Crocetta ha fatto leva, il cosiddetto ‘cerchio magico’. O c’e’ il cerchio magico o c’è il Pd, entrambi non possono convivere”.