PALERMO – La Sicilia si conferma regina del turismo extralberghiero nel Mediterraneo. Secondo il report dell’Osservatorio sul turismo dell’economia delle isole, presentato alla IX edizione della Borsa del turismo extralberghiero (BTE) di Confesercenti in corso a Palermo, l’Isola nel 2024 ha raggiunto quota 46.925 strutture ricettive extralberghiere, pari al 97% del totale, per 298.222 posti letto, il 70% della capacità complessiva. Numeri che certificano un comparto in pieno boom, ma con un nodo ancora irrisolto: le aree interne restano sostanzialmente marginali.
Boom dell’extralberghiero: +28,7% in un anno
L’analisi dell’Osservatorio mette in luce una crescita impressionante: rispetto al 2023, il comparto extralberghiero in Sicilia registra un incremento del 28,7%.
«Un dato – sottolinea il presidente dell’Otie, Giovanni Ruggieri – che conferma la vitalità di un comparto sempre più centrale nell’offerta turistica regionale».
B&B, case vacanza, agriturismi, affittacamere e tutte le formule alternative all’hotellerie si confermano dunque l’ossatura dell’ospitalità siciliana, intercettando in particolare il turismo esperienziale e i viaggiatori alla ricerca di autenticità.
Permanenza media di 3 giorni: Sicilia fanalino di coda
Accanto ai numeri record sulle strutture, il report evidenzia però un dato critico: la permanenza media dei visitatori in Sicilia è di soli 3 giorni, la più bassa tra le principali isole del Mediterraneo.
Il confronto internazionale è netto:
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Corsica: quasi 9 giorni di permanenza media;
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Maiorca: 6 giorni;
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Creta: 5 giorni.
«Questo gap – osserva Ruggieri – limita la capacità di generare valore economico e richiede politiche mirate per incentivare soggiorni più lunghi». In altre parole, la Sicilia attrae molti turisti, ma li trattiene troppo poco.
Aree interne e borghi: un potenziale ancora inespresso
Nonostante il primato per numero di strutture, la distribuzione dei flussi turistici resta squilibrata. Solo il 16% degli operatori dichiara di organizzare e proporre pacchetti nelle aree interne, segnale di un enorme potenziale ancora poco sfruttato per la valorizzazione dei borghi e dei territori lontani dalle grandi città d’arte e dalle mete più note.
Proprio queste aree, sottolinea il report, potrebbero rappresentare la chiave per:
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allungare la permanenza media;
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destagionalizzare i flussi;
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distribuire meglio i benefici economici del turismo.
Pacchetti brevi e ruolo delle DMC
In Sicilia prevalgono ancora esperienze brevi da 1 a 3 giorni, spesso concentrate sulle grandi città o sulle località più iconiche. Nelle altre isole del Mediterraneo, invece, i pacchetti di 4-7 giorni sono la norma e si traducono in una più alta permanenza.
La Corsica, per esempio, propone itinerari tailor-made oltre la settimana, con prezzi che superano spesso i 1.200 euro, intercettando segmenti di mercato alto spendenti e viaggiatori in cerca di esperienze strutturate e personalizzate.
Il report sottolinea quindi il ruolo chiave di:
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network di prodotto, per mettere in rete le diverse strutture e attrazioni;
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destination management companies (DMC), fondamentali per superare la frammentazione dell’offerta e creare pacchetti integrati che combinino mare, borghi, enogastronomia, natura e cultura.
«Servono più operatori e un vero network di prodotto»
Per il presidente dell’Otie è il momento di fare un salto di qualità:
secondo Ruggieri, «sono necessari più operatori turistici e un network di prodotto tra le strutture per aumentare il turismo itinerante nelle aree interne e la redditività degli host».
La sfida, adesso, è trasformare il primato numerico nel turismo extralberghiero in valore economico duraturo, distribuendo i flussi oltre le grandi destinazioni e costruendo soggiorni più lunghi e strutturati, capaci di raccontare l’intera Sicilia e non solo le sue cartoline più famose.



