PALERMO – Trasformare i porti siciliani in potenti motori di sviluppo: questo l’obiettivo su cui girerà il convegno di domani “Il mare dentro” al Marina Yachting Center di Palermo.
Il progetto verrà illustrato da Alessandro Panaro, Head of Med&Energy del centro studi Srm di Napoli collegato a Intesa Sanpaolo.
Tre vie di sviluppo
Tramite i dati sul traffico marittimo, Alessandro Panaro proporrà tre vie per lo sviluppo della Sicilia: investire sulla sostenibilità e sulla digitalizzazione dei porti e promuovere gli insediamenti produttivi nell’Isola utilizzando il formidabile strumento della Zes Unica.
Secondo i dati di Srm, il sistema marittimo della Sicilia ha grandi punti di forza, caratterizzato da 3 Autorità di Sistema Portuale che insieme movimentano circa 73 milioni di tonnellate di merci e oltre 27 milioni di passeggeri.
La regione ha un interscambio marittimo pari a 27,6 miliardi di euro (oltre il 90% del totale) e questo dimostra in modo evidente quanto le imprese necessitino di scali sempre più moderni e proiettati verso il futuro.
Il settore del Ro-Ro è una delle eccellenze del traffico portuale siciliano, ma anche di tutto il Paese. I porti movimentano, infatti, il 24% del totale nazionale.
Le parole del presidente della Svimez
Della strategicità dei porti siciliani è convinto anche Adriano Giannola, presidente della Svimez che, anticipando i punti principali del suo intervento al convegno, avverte: “È da apprezzare la scelta del governo che ha creato un dicastero ad hoc sul Mare affidato a Nello Musumeci”.
E continua: “Preoccupa, però, che la dispersione delle deleghe tra diversi ministeri in materia di porti, di competenza di Matteo Salvini, e di Zes, attribuita a Raffaele Fitto, non favorisca un approccio unitario al problema che, invece, richiede grande attenzione, visione e tempestività per l’alto rilievo strategico che mare e portualità rivestono per il Paese“.
“Oggi – prosegue Giannola – i porti meridionali, segnatamente quelli di Gioia Tauro, Augusta, Palermo, Catania, Bari, Taranto e Napoli, sono strategici al pari se non più di quelli di Trieste e Genova, nella misura in cui l’Italia intenda riappropriarsi del rango che le spetta nel Mediterraneo“.