PALERMO – Uno storico crocevia tra popoli e culture diverse, sospeso nel bel mezzo del mare che ha segnato la storia dell’Occidente (e non solo): questo è ciò che da secoli rappresenta la Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo, per il mondo intero.
Anche se al giorno d’oggi affrontare tematiche come integrazione e migrazione può suscitare tensioni e dibattiti, in passato per la nostra isola vedere individui di culture diverse convivere e condividere cultura, lingua e costumi non era certamente un tabù: diverse volte, infatti, la Sicilia è stata quello che si potrebbe definire un esempio di multiculturalismo.
In un periodo storico così complesso della storia mondiale e in occasione di una ricorrenza importante come la giornata internazionale della tolleranza (che si celebra ogni 16 novembre in memoria dei princìpi della Dichiarazione dei diritti umani), è importante prendere esempio dal passato (riconoscendone, ovviamente, limiti e aspetti negativi) e fare il possibile per plasmare un modello di società multiculturale e tollerante che possa essere adatto al momento storico attuale.
Ma quando e come la Sicilia ha rappresentato un modello perfetto (o quasi) per quanto riguarda questi aspetti?
L’isola mediterranea è nota per il numero incredibile di dominazioni alle quali è stata soggetta. Ognuna di queste ha contribuito a rendere la Sicilia ciò che è oggi: una terra che ha sì numerosi problemi, ma anche un patrimonio storico, culturale e soprattutto sociale che non trova eguali nel resto del mondo.
Nel nostro territorio la mescolanza tra popoli era una realtà già ai tempi della colonizzazione greca, dall’VIII secolo a.C. in poi. I primi greci ad arrivare sull’isola furono i Calcidesi (i primi a “mettere le mani” su Naxos e sulla piana di Catania), seguiti da Corinzi (celebri per la fondazione di Siracusa e Ortigia), Megaresi (fondatori di Selinunte) e Rodii. Al tempo della conquista greca, la Sicilia non era vuota: lì si trovavano, infatti, diverse popolazioni indigene (come Siculi e Sicelioti), ma la loro convivenza con i nuovi arrivati si rivelò, almeno secondo le fonti storiche, piuttosto pacifica (con pochissime eccezioni). Decisamente più tormentata fu invece la relazione tra Greci e Fenici, che si scontrarono in numerose occasioni per il controllo del lembo meridionale dell’isola.
Anche il periodo dell’Impero romano, che comprendeva quasi tutto il mondo allora conosciuto, fu un successo in termini di tolleranza e convivenza: con poche eccezioni (come la persecuzione dei cristiani nei primi secoli dopo Cristo), per diversi secoli al suo interno vissero decine di popolazioni con usi, costumi, lingue e religioni differenti. La Sicilia fu una delle prime province romane e anche sul territorio isolano il modello sociale proposto dai Romani ebbe un discreto successo.
Per quanto concerne il Medioevo, alle parole “tolleranza” e “multiculturalismo” non si può non pensare alla figura di Ruggero II e al cosiddetto periodo arabo-normanno, descritto come un momento storico quasi idilliaco e incredibilmente sereno.
Lo dimostrano le parole di Isidoro La Lumia, storico dell’Ottocento, sul regno di Guglielmo II (discendente della famiglia Altavilla): “La tolleranza durava interissima. (…) Il castello di un nuovo barone, un villaggio degli Arabi, un’antica città greca o romana, una fresca colonia lombarda potevano ritrovarsi in Sicilia nello spazio di poche miglia soltanto: nella stessa città, colla vecchia popolazione nativa, un quartiere di Saraceni e di Ebrei, un altro di Franchi, di Amalfitani o Pisani; e per tutto in quelle genti diverse, con un tipo lor proprio, le tranquille apparenze di concordia reciproca. (…) Le strade, le piazze, i mercati offrivano una singolar mescolanza di costumi e di fogge: il turbante orientale, il bianco mantello degli Arabi, la ferrea maglia de’ cavalieri normanni, il corto saio italiano, la lunga tunica greca; differenza d’inclinazioni, abitudini, feste, esercizi, spettacoli: contrapposti infiniti e continui, che dovevano però armonizzare a vicenda”.
Un modello elogiato in diverse occasioni anche quello di Ferdinando I, re delle Due Sicilie nella seconda metà del Settecento, passato alla storia per la famosa legge sulla naturalizzazione dei cittadini stranieri: secondo la norma, promulgata nel 1817, potevano avere tale diritto, tra gli altri, gli immigrati che avessero reso un servizio importante allo Stato o che vivessero in maniera onesta sul territorio per oltre 10 anni.
Da questi esempi si vede come la tolleranza fosse una realtà in aree multietniche come l’Italia meridionale e la Spagna già dall’antichità, nonostante il concetto in sé appartenga all’età moderna e contemporanea.
Accoglienza e multiculturalismo sono parte della natura di territori come la Sicilia, che oggi, con i giusti stimoli, potrebbe essere uno dei territori più aperti alla convivenza pacifica tra popolazioni diverse.
Immagine di repertorio