Trent’anni fa la “cattura” del pezzo grosso Totò Riina: il terrore di un popolo

Trent’anni fa la “cattura” del pezzo grosso Totò Riina: il terrore di un popolo

PALERMO – Un momento storico quello avvenuto trent’anni fa a Palermo, alle ore 9,30 del 15 gennaio 1993 in piazzale Kennedy. Sei auto ne circondano una, scendono quattro uomini armati che corrono verso gli sportelli della piccola Citroen incastrata nel traffico.

Estraggono dal lato guidatore Salvatore Biondino, soldato di mafia, e dal lato passeggeri il pezzo grosso Salvatore Riina, il capo dei capi, il boss che ha vinto la guerra di mafia degli Anni Ottanta e che sei mesi prima ha ordinato le stragi di Capaci e di via D’Amelio, causando le morti di due delle figure più influenti e ricordate degli ultimi anni, conosciuti per il loro coraggio e dedizione a far crollare le associazioni mafiose che hanno lasciato un’ondata di insicurezza e paura: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle loro scorte.

L’operazione che condusse al suo arresto era stata denominata “Operazione Belva”. Riina venne arrestato a meno di cinque chilometri dalla casa dove aveva vissuto molti anni da latitante con la moglie Ninetta Bagarella e dove erano cresciuti i suoi quattro figli, Maria Concetta, Giovanni, Giuseppe Salvatore e Lucia, tutti vissuti in clandestinità e nati nella stessa clinica di Palermo, la Noto Pasqualino.

In tutti gli anni della sua latitanza, Totò Riina non si spostò mai da Palermo: prima dell’arresto, da alcuni anni abitava in una villetta all’interno di un complesso residenziale in via Bernini 54, nel quartiere palermitano dell’Uditore.

Riina ha trascorso tutti gli anni di carcere sottoposto al regime di 41-bis. È morto nel reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma il 17 novembre 2017, il giorno dopo il compimento del suo 87esimo compleanno. È sepolto nel cimitero di Corleone.

Foto di repertorio