PALERMO – È stata programmata per il prossimo 3 ottobre l’udienza per l’incidente probatorio relativo allo stupro di Palermo, avvenuto nel luglio scorso ai danni di una 19enne. È stato il G.I.P. Clelia Maltese a prendere questa decisione, su richiesta della Procura di Palermo, diretta da Maurizio de Lucia.
L’obiettivo dell’udienza è ascoltare la versione della vittima, in vista dell’eventuale processo. Potranno prendervi parte anche i sette indagati, che adesso si trovano in carcere, e i loro avvocati.
Stupro Palermo, la polizia postale svela la verità sulla diffusione del video
La polizia postale fa chiarezza sulla diffusione del video della ragazza violentata a Palermo. Il filmato girato da Angelo Flores, uno dei sette indagati, non sarebbe finito in Rete. Pur avendo setacciato per giorni il web, gli esperti non hanno trovato traccia del contenuto. Una notizia che fa tirare un sospiro di sollievo, considerando quanto il video dello stupro fosse inspiegabilmente ricercato, soprattutto su Telegram.
Nonostante ciò, il consulente della Procura ha confermato come il video sia stato condiviso via WhatsApp. Non è chiaro ancora però quali siano i destinatari.
Resta in carcere anche l’ultimo indagato dello stupro di Palermo
Il Tribunale del Riesame ha respinto nei giorni scorsi anche la richiesta di scarcerazione dell’ultimo indagato, E. A.; il giovane è accusato, insieme ad altri sei ragazzi, della violenza sessuale di gruppo nei confronti della 19enne.
Le istanze degli altri indagati
Le richieste di scarcerazione degli altri cinque indagati sono state respinte. Mentre il Giudice per le Indagini Preliminari inizialmente aveva accolto la richiesta di far lasciare il carcere dell’unico minore del gruppo che, però, è stato arrestato qualche giorno dopo essere stato affidato a una comunità. Il ragazzo, lasciata la cella, si era vantato sui social del gesto compiuto.
Cosa c’era nel cellulare del minore
Nel cellulare del minore sarebbe stata trovata una chat relativa al giorno dopo lo stupro in cui il ragazzo si compiace con gli altri protagonisti della violenza. Chat nelle quali racconta i malori e gli svenimenti della ragazza commentando con un secco “ci siamo divertiti“. Nuovi elementi dunque, che fanno pensare al Giudice per le Indagini Preliminari che le ammissioni, parziali e non coincidenti con la versione della vittima, siano state fatte solo per tentare di attenuare la pena.