Strage di Casteldaccia. Per i Consulenti dei P.M.: “Gli operai erano senza protezioni”

Strage di Casteldaccia. Per i Consulenti dei P.M.: “Gli operai erano senza protezioni”

PALERMO – Nessun dipendente di Amap Spa e di Quadrifoglio Group presente presso l’impianto di sollevamento fognario il 6 maggio 2024 era dotato di dispositivi di sicurezza per le vie respiratorie. Inoltre, solo uno, forse, tra gli operatori delle due aziende aveva ricevuto una formazione specifica e un addestramento adeguato sull’uso delle misure di sicurezza.

La parola ai Consulenti dei P.M.

Queste le conclusioni dei consulenti tecnici nominati dalla Procura di Termini Imerese, che sta indagando sulla tragica morte dei cinque operai avvenuta lo scorso maggio, mentre lavoravano sulla rete fognaria di Casteldaccia. Le perizie confermano i sospetti iniziali degli inquirenti.

Le vittime, presumibilmente decedute a causa dell’inalazione di gas tossici prodotti dalla fermentazione dei liquami, erano quattro dipendenti della Quadrifoglio Group, la società subappaltatrice dei lavori per conto della Tek, che aveva ricevuto l’incarico di manutenzione dalla municipalizzata Amap di Palermo. La quinta vittima, Giuseppe La Barbera, era un interinale in forza ad Amap.

Gli indagati per la strage di Casteldaccia

Nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime figurano Nicolò Di Salvo, titolare della Quadrifoglio Group, il direttore dei lavori del cantiere, il tecnico di Amap Gaetano Rotolo, e il dirigente della Tek Giovanni Anselmo.

La consulenza

I rilevatori multigas non erano in dotazione a nessuno degli operatori presenti il 6 maggio presso l’impianto di sollevamento fognario“, scrivono i consulenti. “Non risulta inoltre che le società TEK Infrastrutture e Quadrifoglio Group fossero dotate di rilevatori multigas o di attrezzature specifiche per lavorare in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento“.

Amap, almeno formalmente, avrebbe dovuto disporne. Gli esperti aggiungono che “i liquami fognari presenti nella vasca dell’impianto ISF 51 e nell’intero condotto fognario registravano concentrazioni di solfiti e solfuri ben superiori ai limiti consentiti per gli scarichi nella rete fognaria“.