CASTELDACCIA – I cinque operai deceduti ieri a Casteldaccia durante la manutenzione della rete fognaria non sarebbero dovuti entrare all’interno della stazione di sollevamento. Il contratto di appalto stipulato con Amap, la municipalizzata che aveva affidato alla ditta Quadrifoglio Group i lavori, prevedeva che l’aspirazione dei liquami avvenisse dalla superficie attraverso un autospurgo e che il personale non scendesse sotto terra.
Perché gli operai della strage di Casteldaccia non sarebbero dovuti scendere
Questo spiega perché nessuna delle vittime indossava una mascherina né aveva con sé un gas alert, un dispositivo che avrebbe misurato la concentrazione di idrogeno solforato, il gas che poi li ha uccisi.
Non è chiaro, quindi, perché i cinque operai siano entrati all’interno della stazione di sollevamento né cosa sia accaduto successivamente.
Le ipotesi al vaglio delle indagini della Procura di Termini Imerese
L’ipotesi di un tubo rotto da cui sarebbe fuoriuscito il gas è stata smentita dai vigili del fuoco, ma non si esclude che gli operai abbiano aperto una paratia che avrebbe dovuto rimanere chiusa. Normalmente, infatti, l’ambiente è ermeticamente sigillato.
Nel frattempo, dopo aver appreso la notizia della morte dei suoi operai, Antonio Di Salvo, 67 anni, titolare della Quadrifoglio Srl, sta rientrando in Sicilia dagli Stati Uniti, dove si trovava per il matrimonio di un parente. Il suo socio, Epifanio Alsazia, è una delle cinque vittime.