PALERMO – Il diritto all’istruzione e all’inclusione ha trovato finalmente giustizia grazie a una sentenza che ha segnato un passo importante contro la discriminazione nelle scuole italiane.
Protagonista della vicenda è un bambino palermitano di 6 anni, affetto da un lieve disturbo del linguaggio, che si è visto rifiutare l’iscrizione all’”Educandato statale Maria Adelaide” di Palermo, nonostante avesse diritto di precedenza.
Scuola rifiuta bambino disabile a Palermo
Tutto è iniziato il 21 gennaio, quando i genitori del bambino hanno presentato domanda per l’iscrizione alla prima classe, con richiesta di semiconvitto, sottolineando la necessità di un piano educativo individualizzato. Ma il 12 febbraio, il loro tentativo di accedere a un diritto fondamentale è stato ostacolato: l’istituto ha rigettato la domanda, accogliendo al contrario bambini che non avevano alcuna precedenza, come previsto dal bando.
Una decisione che ha spinto la famiglia a reagire, supportata dagli avvocati Maurizio Lino e Alessandra Gazzè. Dopo aver richiesto l’accesso agli atti, hanno deciso di presentare ricorso per discriminazione.
Il Tribunale ordina l’iscrizione del bambino
E la battaglia legale ha avuto esito positivo: il Tribunale civile, con la sentenza della prima sezione, ha stabilito che l’esclusione del bambino dall’educandato era un atto discriminatorio, ordinando la sua immediata iscrizione per il prossimo anno scolastico.
La madre del bambino, sconvolta dal trattamento subito, ha commentato: “Abbiamo vissuto un’esperienza surreale, con tanta delusione e amarezza. Dopo l’accesso agli atti, è emerso che altri bambini, nati dopo nostro figlio, erano stati ammessi, nonostante non avessero diritto di precedenza. La discriminazione è stata evidente”.
La risposta della preside
In risposta, la dirigente scolastica dell’”Educandato Maria Adelaide”, Virginia Filippone, ha spiegato che l’istituto ha seguito i criteri deliberati dal commissario straordinario delle scuole, evidenziando i limiti numerici per le classi e l’importanza di garantire ambienti di apprendimento adeguati all’inclusione.
Ma il giudice ha ritenuto che questa posizione non fosse sufficiente a giustificare l’esclusione del bambino.



