PALERMO – Il governo Musumeci si è insediato in un periodo in cui il settore rifiuti, in Sicilia, era gestito senza le regole idonee a fornire un ordine adeguato e produttivo, ai fini del profitto di tutta la regione: la raccolta differenziata ammontava al 17% circa e il resto dei rifiuti veniva trasportato nelle discariche.
Nel giro di pochi anni, intrapresa una politica di allineamento al resto d’Europa e alle altre regioni italiane, la differenziata ha registrato un’impennata, chiudendo il 2019, secondo i dati fornitici dall’Assessorato di competenza (Assessorato regionale all’Energia e servizi di pubblica utilità), con una percentuale del 40%, a fronte del 65% che deve essere raggiunto per legge. Se da una parte molti Comuni dell’Isola hanno risposto positivamente alle nuove direttive, le grandi città hanno inciso negativamente sulla crescita della media regionale: Messina, come dichiarato dall’Assessorato, ha cominciato la raccolta “porta a porta“, raggiungendo grandi risultati nel superare il 30%; Palermo, invece, ha registrato una percentuale bassa (17% circa), per risalita della quale, si sta in qualche modo muovendo; per quanto riguarda Catania, la città etnea è penalizzata dall’ombra della gara di affidamento del servizio, ancora aperta.
Legato alla differenziata è il tema degli impianti che trattino e recuperino il materiale raccolto e, in particolare, l'”organico“, che costituisce il 40% del totale rifiuti. A tal proposito, la giunta regionale, presieduta da Nello Musumeci, su proposta dell’assessore all’Energia e servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon, ha stanziato 103 milioni di euro per il finanziamento di nuovi impianti pubblici, allo scopo, soprattutto, di aumentare nel settore la presenza del pubblico, e nella prospettiva di raggiungere, nel 2021, il 65% di legge, quando la quantità di organico da trattare sarà pari a 600mila tonnellate l’anno.
Saranno le Srr (Società comunali per il servizio di gestione dei rifiuti) che, destinatarie delle somme ripartite, decideranno l’esatta localizzazione degli impianti e la tecnologia da adottare, somme che, si legge nel sito ufficiale della Regione Siciliana, costituiranno il 30% per Catania (circa 30 milioni), 25% per Messina, 30 per Palermo e 15 per Siracusa.
Secondo i dati, gli impianti pubblici esistenti nell’Isola possono attualmente trattare 111mila tonnellate l’anno di rifiuti, mentre i privati 233mila. Al fine di attuare un incremento pubblico, esistono già una serie di impianti programmati, che, secondo i calcoli, nel 2021, ne accoglierebbero 321mila tonnellate. Restando però un grave deficit nelle province di Catania, Messina, Palermo e Siracusa, l’Assessorato ha proposto l’uso di 53 milioni di euro di fondi del Fers (Fondo europeo di sviluppo regionale) non sfruttati, previa approvazione del Comitato di sorveglianza. Altri 50 milioni di euro saranno attinti, secondo il progetto, dall’economia del Patto per lo sviluppo della Sicilia.
Il governo Musumeci, per contrastare speculazioni, ha varato il “piano rifiuti“, a tutela della legalità: “gli impianti, anche dopo aver ottenuto l’autorizzazione, dovranno avere un regolare rapporto di affidamento dei rifiuti degli enti titolari (Srr o Comuni proprietari dei rifiuti), stipulato previa procedura a evidenza pubblica – riporta il sito ufficiale della Regione Siciliana -. Per cui coloro che hanno istanze autorizzative in corso e magari le ottengono, ma sono privi di questa condizione, opereranno a loro rischio imprenditoriale“.
La situazione attuale conta 2 impianti ad Agrigento, uno a Caltanissetta, 4 nel Catanese, 5 nel Palermitano e uno a Ragusa; il sequestro del Sicilfert di Marsala e il guasto del Raco di Belpasso, hanno fatto sì che molti Comuni conferissero nel Catanese. Tre impianti privati nei Comuni di Marsala, Ioppolo Giancaxio e Catania, che sono stati chiusi per il mancato rispetto della normativa ambientale, hanno in corso un’interlocuzione parlamentare con le amministrazioni giudiziarie, per comprendere se sia fattibile una riapertura di essi, anche parziale. La stessa cosa per gli impianti di compostaggio, di cui 3 pubblici (Asi Dittaino Enna, Polo tecnologico di Castelvetrano e l’impianto di Bisacquino), chiusi per il fallimento delle società d’ambito. L’Srr di Trapani, infatti, ha avanzato la proposta di rilevare il Polo di Castelvetrano.
L’altra questione inerente il settore rifiuti, concerne i termovalorizzatori, una tipologia di inceneritori utilizzati per lo smaltimento, che, mediante un processo di combustione ad alta temperatura, ottengono vapore, impiegato per la produzione diretta di energia elettrica o come vettore di calore (teleriscaldamento). Nello Musumeci, durante una conferenza stampa, come riportato su “ilGiornale”, ha dichiarato di non avere, per essi, nessun pregiudizio; ne sarebbero previsti, ha detto il Presidente, secondo le direttive e le osservazioni del Ministero dell’Ambiente, 2 per la Sicilia: “Se ce li chiedono, li prevederemo“.
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