Processo per la morte di Benedetto Vinci, i familiari contro l’ospedale

SANT’AGATA DI MILITELLO – Svolta nel caso di Benedetto Vinci, il 24enne che il 14 marzo del 2012 è morto per le conseguenze di una coltellata all’addome sferrata dalla sua fidanzata Francesca Picilli.

La donna è stata condannata definitivamente per omicidio preterintenzionale a 6 anni e 6 mesi di reclusione. Per la famiglia di Vinci la battaglia legale è appena cominciata.

I familiari fanno causa all’ospedale Cervello di Palermo

In seguito la coltellata, il giovane è stato ricoverato all’ospedale “Cervello” di Palermo. I familiari sostengono che il decesso sarebbe stato provocato da un infarto evitabile con i dovuti accertamenti.

Questo è stato confermato da un accertamento tecnico preventivo chiesto dalle parti civili e ordinato dal tribunale civile di Palermo. Da qui la decisione dei familiari del ragazzo di fare causa al nosocomio palermitano.

Benedetto poteva essere salvato”, spiegano gli avvocati Massimiliano Fabio, Giuseppe e Salvatore Mancuso.

Benedetto è morto per un infarto miocardico

Dopo l’accoltellamento, il 24enne ha riportato la rottura della coronaria interventricolare anteriore e il conseguente infarto miocardico.

I consulenti nominati dal Tribunale di Palermo, i dottori Calogero Comparato e Pierangela Fleres, nella relazione depositata nei giorni scorsi alla Terza sezione civile del Tribunale di Palermo, hanno scritto che:

Durante la degenza nel reparto di chirurgia toracica dell’ospedale Cervello di Palermo, non venne mai eseguito un elettrocardiogramma né venne monitorata la curva di dosaggio della Troponina esami che avrebbero indotto i sanitari ad eseguire ulteriori indagini, e tra queste certamente una coronarografia, che avrebbe permesso di diagnosticare lo pseudoaneurisma dell’Iva (la coronaria interventricolare anteriore)“.

Mancati accertamenti: il giovane avrebbe avuto il 70% di probabilità di sopravvivenza

Anche se nella letteratura medica sono stati segnalati pochi casi di rottura coronarica – hanno aggiunto i consulenti nella relazione – i circa 10 giorni intercorsi fra la rottura e lo shock cardiogeno avrebbero consentito agevolmente di studiare il paziente e di sottoporlo a un intervento di by pass coronarico. In considerazione di tali elementi è possibile ritenere che, qualora fossero state adottate le buone pratiche mediche, Vinci avrebbe avuto una probabilità di sopravvivenza pari al 70%”.

Tragedia che si sarebbe potuta evitare

Gli avvocati delle parti civili, Giuseppe Mancuso, Salvatore Mancuso e Massimiliano Fabio, istruiranno una causa civile chiamando in causa gli ospedali riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo per l’accertamento della responsabilità civile e l’accertamento del danno subito dai familiari di Benedetto Vinci, la madre e le sorelle.

La tesi della corresponsabilità della struttura sanitaria nel verificarsi della morte del signor Benedetto Vinci – spiegano i difensori – è stata da sempre paventata dalla difesa dei familiari. Oggi, finalmente, seppure dopo tanti anni, l’accertamento tecnico preventivo ha confermato tale evidenza e, purtroppo, il verificarsi di una tragedia che si sarebbe potuta evitare“.

 

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