PALERMO – “I contatti tra il Ros di Mario Mori e Giuseppe De Donno con Vito Ciancimino rappresentano in pieno il contributo morale e fattuale di Calogero Mannino“.
Con queste parole ha fatto la sua arringa iniziale il pm Roberto Tartaglia, rappresentante dell’accusa, all’udienza dedicata all’ultima parte della requisitoria del processo a carico dell’ex ministro Calogero Mannino, imputato nello stralcio del processo trattativa Stato e mafia con il rito abbreviato davanti al Gup Marina Petruzzella.
E proprio oggi riprende il processo a carico dell’ex ministro democristiano, imputato del reato disciplinato dagli articoli 338 e 339 del codice penale, ovvero violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato. Un tipo di reato che prevede come massimo della pena 15 anni di reclusione, più altri 5 con l’aggravante dell’articolo 7, cioè aver agito favorendo Cosa Nostra.
Nell’ultima parte del processo era arrivata la richiesta dell’accusa al termine della requisitoria; la Procura di Palermo chiedeva per Mannino la condanna a 9 anni di carcere.
Una pena fin troppo mite, secondo il Procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, per il quale l’ex ministro ne avrebbe meritati 13 più sei mesi, ma la richiesta del rito abbreviato gli potrebbe far ottenere uno sconto della pena di ben 4 anni e mezzo.
L’accusa, rappresentata anche dai pm Nino di Matteo e Francesco Del Bene, oltre che da Teresi e Tartaglia, è fiduciosa e spera che la legge italiana punisca un uomo ritenuto “istigatore e ispiratore principale del contatto tra Mori, De Donno, e Cosa nostra“.