Palermo, al Cervello una luce. Stop ad alcuni viaggi della speranza

PALERMO – Stop ai viaggi della speranza per gli interventi di rettocolite ulcerosa. Il prossimo 3 dicembre l’ospedale Cervello di Palermo segnerà un nuova tappa nel difficile percorso di contrasto all’emigrazione sanitaria dei siciliani. Il nosocomio palermitano – che già da diversi anni è centro all’avanguardia in campo nazionale per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, che colpiscono soprattutto i giovani, fra le quali rientrano la malattia di Crohn e appunto la rettocolite ulcerosa – vara un nuovo capitolo chirurgico. Sarà, infatti, eseguito su una giovane donna palermitana il primo intervento di proctocolectomia restaurativa con ileo-pouch-ano-anastomosi per la terapia chirurgica della rettocolite ulcerosa.

Nell’ambito di questo tipo di malattie, che richiedono un approccio multidisciplinare, di terapia medica e chirurgica molto rigoroso e complesso, la rettocolite ulcerosa in particolare è caratterizzata da un’infiammazione cronica dell’intestino che colpisce sempre il retto e può estendersi senza soluzione di continuità ad una parte o a tutto il colon. L’infiammazione provoca lesioni ulcerose responsabili dei sintomi intestinali.

Punto di riferimento per questa malattia all’ospedale Cervello è l’Unità operativa di medicina interna diretta dal professore Mario Cottone, e sede del Centro di riferimento regionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, guidato da Ambrogio Orlando, dove sono presi in carico pazienti provenienti da tutta la Sicilia e dal Sud Italia. Sono circa 2.000 le persone affette da malattia di Crohn e 2.500 con rettocolite ulcerosa seguite nel Centro del Cervello su una stima di circa 10-12 mila in Sicilia.

Dalla sinergia fra l’Unità Operativa di Medicina, il Centro regionale per le malattie infiammatorie croniche intestinali e l’Unità operativa di chirurgia generale del dott. Gaspare Solina e dei suoi colleghi nasce l’intervento di proctocolectomia restaurativa, che prevede l’asportazione del colon e del retto, ma evita al paziente di dover “subire” a vita il classico “sacchetto”, grazie ad una ricongiunzione fra l’intestino tenue con l’ano mediante un’ampolla rettale che viene materialmente costruita e attaccata, collegando i due organi, con vantaggi notevoli per la qualità della vita. Un intervento molto complesso reso possibile anche grazie alla convenzione fra l’Unità di Chirurgia del Cervello e il Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna, Centro di riferimento nazionale per queste malattie, di cui il professore Gilberto Poggioli è il maggiore esponente. Sarà proprio quest’ultimo che terrà a battesimo con l’equipe chirurgica del Cervello questo primo intervento.

L’acquisizione di tale tecnica potrà permettere fra l’altro di trasferire le conoscenze acquisite, con le dovute peculiarità, anche al trattamento del cancro del retto basso preservando gli sfinteri, evitando, in casi selezionati, la colostomia definitiva per tali pazienti. Un traguardo che dà uno spiraglio di speranza, almeno nell’ambito di queste patologie, per attuare un’inversione di tendenza, rispetto al dramma della mobilità dei pazienti verso altre realtà. Un problema non soltanto siciliano quest’ultimo, ma che attiene a tutte le regioni del Sud, dove, nonostante le eccellenze presenti sul territorio, si registra una continua migrazione verso le strutture ospedaliere del Settentrione. Così nel 2011 circa 810mila pazienti hanno viaggiato in cerca di cure, per complessivi 3,7 miliardi, con saldi positivi solo al Nord. Anche se proprio la Sicilia è riuscita a ridurre il tasso di fuga di quasi ben 10 punti, dal 16,4 del 1997 al 6,7 per cento del 2011. Ma la situazione del Meridione rimane critica. Complessivamente, invece, nel corso del 2012 sono stati oltre 770mila gli italiani ricoverati in una regione diversa da quella di appartenenza. Il Nord assorbe oltre il 55 per cento della mobilità attiva: all’opposto, al Sud tutte le regioni, tranne il Molise, hanno un saldo negativo. E sempre nel 2012 è stato di circa 2 miliardi di euro il saldo dei “viaggi della speranza” che continuano a convogliare risorse dal Sud verso il Nord (destinate in particolare ad interventi di alta specialità: i ricoveri in mobilità hanno un costo medio di circa 5.200 euro contro un costo medio dei ricoveri di 3.500 euro) incrementando il divario tra le regioni.

“Andare altrove a curarsi” in altre parole, ha effetti drammatici, economici e umani, e aggrava ulteriormente la fragilità connessa alla malattia, traducendosi in vero e proprio danno esistenziale per i pazienti (allargato alle loro famiglie) che hanno invece il diritto di trovare adeguata assistenza nella loro terra considerato quel che pagano in tasse a sostegno del SSR (servizio sanitario regionale).

Maria Grazia Elfio