PALERMO – Richard Gere non deporrà a Palermo il prossimo 6 ottobre al processo “Open Arms” che vede imputato Matteo Salvini. Il leader della Lega è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio: nel 2018 si è mostrato contrario all’approdo a Lampedusa di un gruppo di migranti, soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms.
In quell’occasione l’attore statunitense aveva portato viveri ai ai profughi tenuti a largo davanti all’isola. Ora però il noto volto del cinema è impegnato nelle riprese di un film. Nelle prossime settimane sarà fissata una nuova udienza.
Hanno annunciato l’assenza di Gere i legali di parte civile che l’avevano citato per testimoniare.
È argomento di dibattito la decisione del Tribunale di Catania di non convalidare il provvedimento di trattenimento per tre migranti del centro di Pozzallo. Il giudice ha definito il recente decreto del governo “illegittimo in più parti e contestando la nuova procedura di trattenimento e la cauzione di 5000 euro da pagare per non andare nel centro“.
Un quarto profugo avrebbe rinunciato alla domanda quindi il provvedimento rivolto a lui non è stato esaminato. Lo ha reso noto il legale Salvo Vitale del centro Astalli di Catania, che lavora per due dei quattro migranti coinvolti.
Il Ministero dell’Interno farà ricorso, impugnando il provvedimento del Tribunale di Catania e affidando a un altro giudice la responsabilità di analizzarlo e giudicarlo.
“Si è contestato – ha spiegato l’avvocato Vitale – il mancato rispetto dei termini per il trattenimento di cui all’art. 6 bis del decreto perchè lo stesso è iniziato giorno 20 settembre a Lampedusa e non il 27 a Pozzallo. Quindi oltre le 48 ore. Il tutto in palese violazione dell’art. 13 della Carta Costituzionale. Inoltre – ha aggiunto – abbiamo contestato la mancata informativa in lingua straniera sulla possibilità di chiedere una garanzia finanziaria. Il vice questore non ha fornito prova di quanto asserito. Paradossalmente, il fascicolo processuale era ‘vuoto’. Il Tribunale di Catania, nella persona di Iolanda Apostolico, ha rilevato d’ufficio ulteriori numerose problematiche – per palese violazione del decreto del Governo alle norme comunitarie – sottolineando più volte la illegittimità del provvedimento“.
Il partito di Fratelli d’Italia non ha esitato a esprimere il suo profondo disaccorso con la decisione del giudice. Queste le parole di Sara Kelany, deputata di FdI e responsabile del Dipartimento immigrazione: “Il tribunale di Catania, non convalidando il trattenimento dei quattro tunisini soggetti alle nuove procedure accelerate di frontiera disposte dal governo, ha assunto delle decisioni politiche e ideologiche. Le ordinanze appaiono infatti poco ancorate al quadro normativo vigente e immagino che saranno impugnate dall’avvocatura dello Stato. Spiace dover constatare come ancora una volta si pieghi il diritto all’ideologia. Le sentenze sconfessano non solo e non tanto il decreto del governo, ma la normativa europea su cui il decreto poggia“.
“La normativa europea – prosegue – consente l’attivazione di queste procedure secondo i criteri che sono stati pedissequamente rispettati dalla normativa italiana. Purtroppo, come già accaduto in passato, mentre il Governo lavora per fermare l’immigrazione illegale di massa e la tratta di esseri umani, una parte della magistratura ideologizzata fa di tutto per ostacolarlo“.
Ha risposto alle accuse il presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), Giuseppe Santalucia: “Noi non partecipano all’indirizzo politico e governativo, facciamo giurisdizione. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di governo. E questo non deve essere vissuto come una interferenza, questa è la democrazia“.
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