PALERMO – La circolazione dei prodotti agroalimentari tra l’Italia, e in particolare la Sicilia, e l’estero continua ad andare avanti e spesso suscita polemiche tra addetti ai lavori e intenditori. Così, dopo esserci occupati della difesa dei prodotti nostrani, questa volta la nostra attenzione si focalizza sull’olio d’oliva proveniente dalla Tunisia.
Nei mesi di luglio e agosto di quest’anno al porto di Palermo sono arrivate circa 1.600 tonnellate di questo prodotto, grazie a un accordo stipulato due anni fa tra l’Unione Europea e la Tunisia per l’importazione dell’olio a dazio zero. La notizia è stata discussa in un’interrogazione alla Commissione Parlamentare Europea da parte del Movimento 5 Stelle, perché in ciò viene vista una pratica commerciale sleale. Lo stesso partito ha richiesto anche l’accesso agli atti degli altri porti dell’isola nel biennio 2017/18.
Il problema chiama in causa tre aspetti. Il primo è quello economico, in virtù del fatto che l’arrivo di olio dall’estero nei periodi di raccolta delle olive potrebbe influenzare i prezzi di vendita. Il secondo coinvolge l’annosa questione della difesa dei prodotti nostrani. Il terzo, infine, riguarda la tracciabilità del prodotto nelle etichette e quindi la tutela del consumatore.
Il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino, intervenuto ai nostri microfoni, sottolinea prima di tutto l’importanza del periodo nel quale l’importazione è avvenuta, da un punto di vista finanziario. Ma anche le istituzioni dovrebbero gestire meglio l’entrata del prodotto nei nostri porti.
“La quantità di olio tunisino arrivata a Palermo – spiega Pottino – ha avuto un impatto molto forte sull’economia siciliana. L’ultimo approdo è avvenuto il 28 agosto, periodo in cui comincia la raccolta delle olive, e l’effetto depressivo sui prezzi è stato forte. L’offerta aumenta e la domanda diminuisce. Il volume del prodotto che arriva deve essere conforme a quello per il quale è stata autorizzata l’Unione Europea nell’accordo. Il Movimento 5 Stelle nell’interrogazione sta verificando proprio questo e se viene controllato tutto. C’è da puntualizzare come la decisione presa 2 anni fa abbia avuto motivi umanitari, ma anche come non fu fatta una valutazione dell’impatto in determinati Paesi europei. Così è stata coinvolta l’agricoltura siciliana, per la quale l’arrivo del prodotto è devastante perché parliamo di numeri pazzeschi. O l’Unione Europea fa delle compensazioni per le aree più colpite economicamente o si attuano le clausole di salvaguardia, che permettono un blocco temporaneo delle importazioni, in caso di danni all’economia. Inoltre noi non rispondiamo al fabbisogno dell’industria olearia, perché produciamo meno di quello che ci serve per i volumi di vendita di olio nel mondo. L’olio tunisino costa meno perché lì sia il reddito pro capite medio che il costo del lavoro sono più bassi”.
La tracciabilità del prodotto certifica la sua provenienza e questo è uno degli scopi da perseguire. Con essa la valorizzazione del prodotto nostrano deve andare di pari passo, perché altrimenti il consumatore e chi investe sul prodotto made in Italy andrebbero messi in difficoltà.
“Le entrate dell’olio devono essere controllate – conclude Pottino – e il prodotto va tracciato. Nella bottiglia deve comparire come ‘Extra Ue’, perché chi compra deve essere certo di ciò. L’interrogazione parlamentare ha come scopo quello di monitorare gli ingressi e respingere l’olio che è fuori budget. Non si può mettere in concorrenza l’olio 100% italiano con un altro diverso, perché altrimenti il consumatore non capirebbe niente e le industrie olearie che hanno investito sul prodotto made in Italy subirebbero un danno”.