PALERMO – Nuovo impulso alle indagini del bambino di 11 anni ucciso con un colpo di pistola al volto, il 7 ottobre 1986, nel quartiere San Lorenzo, a Palermo, Claudio Domino. I genitori hanno incontrato il procuratore Francesco Lo Voi e due pubblici ministeri antimafia.
“Finalmente, dopo 34 anni, abbiamo ricevuto dalla magistratura le attenzioni che merita questa vicenda, al di là del nostro dolore che non svanirà mai – commenta Antonio Domino, padre di Claudio – e abbiamo avuto l’assicurazione che tutte le carte di questa indagine finiranno su un’unica scrivania e verranno analizzate con la massima attenzione”.
Antonio Domino e la moglie Graziella Accetta sono stati ricevuti per oltre un’ora dal procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto della Direzione distrettuale antimafia Salvatore De Luca e dal sostituto Giovanni Antoci.
Un’ora di colloquio informale in cui i genitori hanno chiesto di sapere se hanno un fondamento le nuove rivelazioni sull’omicidio del figlio fatte durante la trasmissione “Atlantide” di Andrea Purgatori, in onda lo scorso 3 maggio su La7.
“Siamo molto soddisfatti dell’incontro, abbiamo visto nei magistrati della procura la volontà di arrivare alla verità, anche se 34 anni dopo non sarà facile – sottolinea la mamma di Claudio – Ci hanno detto che saremo risentiti, questa volta in via ufficiale”.
Le nuove rivelazioni indicano Giovanni Aiello, alias “Faccia da mostro“, come l’esecutore materiale dell’omicidio.
Claudio Domino venne barbaramente ucciso in una strada laterale di via San Lorenzo che oggi porta il suo nome, mentre giocava. Il killer gli sparò al volto. Un testimone disse di aver visto arrivare una moto con in sella un uomo con il casco integrale ma con alcune ciocche di capelli biondi che fuoriuscivano. E Giovanni Aiello, il poliziotto e agente dei servizi deviati morto nell’agosto del 2017, aveva i capelli lunghi e biondi.
Il nome di “Faccia da mostro” l’avrebbe fatto per primo il boss pentito di Caltanissetta Luigi Ilardo (morto poi nel 1996) al colonnello dei carabinieri Michele Riccio, al quale avrebbe detto che molti degli omicidi attribuiti alla mafia li avrebbero ordinati pezzi deviati dello Stato.
Oltre a dare un volto e un nome a chi premette il grilletto e a chi ne ordinò l’omicidio, la procura di Palermo è chiamata a scoprire soprattutto il movente dell’assassino del ragazzino. Durante il maxiprocesso, il mafioso Giovanni Bontade, fratello del boss Stefano, ucciso dai Corleonesi, disse nell’aula bunker dell’Ucciardone che Cosa nostra non era responsabile dell’omicidio. O almeno che non lo erano le famiglie perdenti nella guerra di mafia.
Gli inquirenti, 34 anni fa, ritennero che il piccolo Claudio potesse aver visto qualcosa che non doveva vedere e che fosse diventato un testimone scomodo da eliminare.
Ma da chi e che cosa aveva visto? Tutti interrogativi a cui la procura di Francesco Lo Voi vuole rispondere.
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