Cronaca

Naufragio di Crotone, “Rifiutare ogni narrazione che incolpa le vittime”: parla l’arcivescovo di Palermo

PALERMO L’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, vicepresidente della Conferenza episcopale siciliana con delega alle migrazioni, ha criticato il governo dopo l’ultima strage di migranti.

Egli ha sostenuto che non c’è spazio oggi per i qualunquismi e che è tempo per tutti noi di rifiutare con chiarezza ogni narrazione che cerca di incolpare l’anello più debole della società.

Secondo Lorefice, il culmine simbolico di tutto ciò è stato rappresentato dalla dichiarazione del ministro Piantedosi, che ha ribaltato la colpa sulle vittime. Lorefice ha rimarcato che il ministro è un uomo delle istituzioni che ha giurato sulla Costituzione italiana, la stessa Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.

Lorefice ha affermato che rischiamo tutti di ammalarci di una forma particolare di Alzheimer, che fa dimenticare i volti dei bambini, la bellezza delle donne, il vigore degli uomini e la tenerezza saggia degli anziani.

Egli ha aggiunto che questa malattia fa dimenticare anche la fragranza di una mensa condivisa, come aveva già sostenuto durante la Preghiera per la pace del 4 novembre 2022.

La dichiarazione del ministro Piantedosi

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato ai giornalisti che “la disperazione non può mai giustificare le condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli“, in seguito alla strage di migranti avvenuta in Calabria.

Dopo aver suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica, il ministro ha cercato di spiegare il significato della frase pronunciata come prima reazione.

Ha sottolineato che il suo messaggio è che le persone che scappano da una guerra non dovrebbero affidarsi a scafisti senza scrupoli, ma dovrebbero essere offerte vie di uscita responsabili e solidali dagli stati.

Ha aggiunto di essere andato immediatamente sul luogo della tragedia per esprimere il cordoglio per le vittime e la solidarietà ai superstiti, a nome suo e del governo.

Ha anche ribadito che il “Decreto Flussi” consentirà l’ingresso regolare di 83mila persone. Tuttavia, questo decreto è stato soprannominato “anti-ONG” perché limita i soccorsi sulle coste delle organizzazioni umanitarie.

Le opposizioni, comprese Pd, M5s e Avs, hanno chiesto al ministro dell’Interno di rispondere alle loro domande in parlamento riguardo a quanto accaduto.

Piantedosi ha dichiarato al Corriere che intende rispondere alle domande in parlamento e di presentare la sua linea politica chiara che mira a contrastare i flussi incontrollati e la rete dei trafficanti. Inoltre, mercoledì ha fissato un appuntamento in commissione per illustrare le linee programmatiche del suo dicastero.

Il naufragio di Crotone

Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio si è verificato un tragico naufragio al largo delle coste della Calabria, precisamente nei pressi della spiaggia di Steccato di Cutro a Crotone, che ha causato la morte di 64 migranti, tra cui 14 bambini. Al momento sono stati recuperati 82 superstiti.

Tra le vittime sono stati ritrovati i corpi di un neonato e di due gemellini, ma il bilancio potrebbe ancora aumentare e raggiungere quota 100. Quattro presunti scafisti sono stati fermati, mentre la Procura di Crotone ha aperto un’indagine per omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Secondo le prime informazioni, i migranti, provenienti principalmente dall’Iran, dalla Siria e dall’Afghanistan, erano partiti quattro giorni prima dal porto di Smirne, in Turchia.

L’imbarcazione, che trasportava circa 180 persone, non ha retto alla forza del mare in tempesta e si è spezzata in due. Il presidente Mattarella ha chiesto all’Unione Europea di assumersi la responsabilità di governare i flussi migratori per evitare altre tragedie simili.

La tragedia di Lampedusa

Quanto accaduto domenica scorsa, riporta la memoria il naufragio della barca libica che trasportava migranti avvenuto il 3 ottobre 2013 a poche miglia dal porto di Lampedusa.

Ancora oggi è considerato una delle più gravi catastrofi marittime del Mediterraneo degli ultimi anni.

L’imbarcazione lunga circa 66 piedi (20 metri) era salpata dal porto libico di Misurata il primo ottobre 2013 con a bordo migranti di origine eritrea ed etiope. Quando la barca era giunta a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane, i motori si bloccarono, e per attirare l’attenzione delle navi che passavano, l’assistente del capitano ha agitato uno straccio infuocato producendo molto fumo.

Tuttavia, parte dei passeggeri si spostò da un lato dell’imbarcazione, causando il ribaltamento della barca che ha girato su sé stessa tre volte prima di colare a picco.

Numerose imbarcazioni civili e pescherecci locali notarono i naufraghi e diedero l’allarme. Le prime operazioni di recupero portarono al ritrovamento di 194 cadaveri, e il numero delle vittime, a quel momento, era stimato tra i 325 e 363 individui. Altri 108 corpi furono recuperati entro il 9 ottobre, quando fu possibile accedere alla parte interna dello scafo dell’imbarcazione poggiata sul fondo a circa 47 metri sotto la superficie dell’acqua.

Il numero dei corpi recuperati era di 302, di cui 210 appartenevano a uomini, 83 a donne e 9 a bambini. L’11 ottobre, tutti i corpi furono recuperati dal vascello, e il numero dei morti raggiunse i 339, mentre circa 50 corpi erano ancora dispersi. Ulteriori corpi furono trovati e recuperati il 12 ottobre, portando il totale delle vittime accertate a 366.

Secondo le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti, il barcone avrebbe avuto a bordo 518 persone, ma la somma dei 155 superstiti e dei 366 corpi recuperati dà un totale di 521, a cui potrebbero essere sommati ulteriori dispersi. Secondo la testimonianza di un superstite, le persone imbarcate erano invece 545, in massima parte eritrei.

Alessandra Raciti

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