CARINI (PA) – Il 5 maggio 2025 ricorre il 53° anniversario della tragedia di Montagna Longa, una delle più gravi sciagure aeree italiane. Il volo Alitalia AZ112, un DC-8, precipitò il 5 maggio 1972 durante la fase di atterraggio nei pressi di Carini, in provincia di Palermo, causando la morte di tutte le 115 persone a bordo, tra cui i piloti Roberto Bartoli e Bruno Dini.
Montagna Longa: una tragedia mai chiarita
Le cause dell’incidente restano avvolte nel mistero. Dopo oltre cinque decenni, familiari delle vittime continuano a chiedere verità e giustizia, denunciando opacità e ritardi nella gestione dei reperti e delle indagini.
La voce dei familiari delle vittime della tragedia di Montagna Longa
«Non posso più tollerare che la memoria di mio padre venga infangata da ricostruzioni superficiali e infondate. La verità è un diritto che spetta a me e mia madre, e non smetteremo di lottare per ottenerla», afferma Alessandra Dini, figlia del secondo pilota Bruno Dini.
Le fa eco Roberto De Re, nipote del comandante Roberto Bartoli: «La nostra battaglia non è solo per onorare la memoria di nostro zio, ma per fare luce su una tragedia che ha segnato la nostra famiglia e il nostro Paese».
I nodi mai sciolti: scatola nera e materiali mancanti
«Sembra paradossale non riuscire ad avere la disponibilità del nastro del flight recorder (registratore di volo) e dei nastri magnetici contenenti le conversazioni del volo», denuncia l’avvocato Stefano Maccioni, legale dei familiari dei due piloti.
Nonostante risultino depositati nell’archivio del Tribunale di Catania dal 9 maggio 2006, tali materiali non sarebbero mai stati resi accessibili. In più, la scatola nera, sebbene rinvenuta funzionante, presentava il nastro tagliato, compromettendo proprio le fasi finali del volo.
L’ipotesi dell’attentato
Una consulenza tecnica del professor Rosario Marretta, commissionata dai familiari, venne rigettata dalla Procura di Catania il 24 dicembre 2020. Lo studio, poi pubblicato anche da una casa editrice inglese, ipotizzava la presenza di esplosivo a bordo, suggerendo la possibilità di un attentato.
A rendere ancora più inquietante il quadro è l’incomprensibile scomparsa dei resti del velivolo, fatto che alimenta le teorie e le richieste di verità.
“Vogliamo giustizia”
«La nostra richiesta è semplice: vogliamo che venga fatta giustizia. Non vogliamo più vivere nell’incertezza e nel dolore», concludono Dini e De Re, dando voce a una ferita ancora aperta nel cuore dell’Italia.