Mobilità a Palermo: il faticoso percorso delle ZTL

PALERMO – Deve esserci per forza un maligno folletto, non necessariamente irlandese, che si sollazza ad introdurre pericolosi elementi di confusione ogni volta che a Palermo si tenta di introdurre le zone a traffico limitato. Così, mentre si preannuncia battaglia d’aula in Consiglio Comunale sugli importi da far pagare ai cittadini (ma prima ancora ci sono i passaggi dalle commissioni) già si avvertono talune rilevanti e clamorose distorsioni. Ma andiamo con ordine.

Tutto inizia nel luglio 2005 con la delibera della Giunta guidata dal sindaco Diego Cammarata che stabilisce i confini di due zone a traffico limitato. Segue, due anni dopo, un appalto affidato per cinque anni ai privati della Td Group. Nel febbraio 2008 una prima ordinanza sindacale definisce norme e divieti. Seguono modifiche e rinvii sino all’avvio delle ZTL nel giugno 2008. Dopo due settimane il TAR cancella tutto a seguito di numerosi ricorsi, con una precisa motivazione: l’assenza del PUT, il Piano Urbano del Traffico, che delegittimerebbe le ZTL. Inevitabili i rimborsi ai cittadini dei circa quattro milioni incassati.

La Giunta Orlando è stata più attenta alle procedure: il PGTU, Piano Generale del Traffico Urbano, è stato approvato dal Consiglio Comunale e prevede espressamente le ZTL. Un’altra differenza è che anziché ai privati la loro gestione sarà affidata all’AMAT spa, azienda a totale capitale pubblico, con unico azionista il Comune di Palermo dal 2005. L’AMAT gestisce la rete cittadina degli autobus e gestirà le tre nuove linee del tram. Obiettivi espressi di questa iniziativa sarebbero il miglioramento della qualità della vita che risulta dalla riduzione dell’inquinamento da auto, la migliore tutela e fruibilità del patrimonio architettonico e culturale del centro storico, l’incentivazione ed il sostegno all’uso del mezzo pubblico. Per tali ragioni grandi città italiane, ma anche centri minori, hanno adottato questa misura a tutela, soprattutto, dei centri storici.

Ma non tutto è così chiaro e scontato a Palermo. Anzitutto il dato dell’inquinamento, più volte pericolosamente sforato negli ultimi giorni, continua, chissà perché, ad ignorare come il maggiore rischio giunga non dalle auto circolanti ma dal porto. L’assenza di adeguati generatori elettrici terrestri costringe infatti le grandi navi da crociera a mantenere i motori accesi durante le soste e, per via dell’alternarsi dei venti, le polveri si dirigono gloriosamente verso il centro città. Questo fatto interpella direttamente la irresponsabile incapacità della politica siciliana. La Raccomandazione della Commissione Europea dell’8 maggio 2006 n. 2006/339/CE sostiene infatti la necessità della installazione nei porti di sistemi di erogazione di elettricità per le navi ormeggiate, per consentire loro di spegnere i motori che impiegano combustibile che produce biossido di azoto. Il testo apre alla possibilità di contributi, che in Sicilia non vengono concepiti nemmeno in ragion pura. Misurazioni avvenute di biossido di zolfo SO2 mostrano una pericolosissima presenza nella città, nel periodo giugno-settembre, quello appunto dei maggiori scali delle grandi navi da crociera. La questione è in generale tanto grave che il Regolamento della Unione Europea 2015/757, adottato dal Consiglio Europeo, prevede il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica delle emissioni di CO2 prodotte dal traffico marittimo, anche se – pudicamente – esso entrerà in vigore solo dal 2018. Tuttavia già alcuni armatori iniziano a preoccuparsi davvero, e nel giugno 2014 Fincantieri ha varato il traghetto canadese F. A. Gauthier che presenta apparecchiature per una riduzione assai significativa delle emissioni di anidride carbonica, ossido di azoto e ossido do zolfo. In Sicilia tutto ciò appare alieno.

La seconda riflessione è quella della anzianità notevole delle auto circolanti a Palermo, tra le più alte in assoluto, che descrive e conferma – anche – la impressionante pesantezza di una crisi economica di cui dovrebbe pur tenersi conto. Così le auto dei residenti sono 381.000, la stessa cifra di dieci anni addietro. Di esse 130.000 sono classificate euro 0 ed euro 1 e non potranno entrare nelle zone ZTL neanche pagando il pass. Quanto è prevedibile che i loro proprietari corrano a comprarsi una auto nuova? O, abitando in zone non servite adeguatamente da mezzi pubblici – numerosissime in città per la stessa natura dell’impianto urbanistico – possono di essi servirsi? Il piano della Giunta prevede che, pagando un pass annuale di 120 euro, o mensile di 20 o giornaliero di 5, le auto euro 3, 4, 5, 6, quelle a metano, gpl, ibride elettriche ed elettriche possano entrare nelle due ZTL. Quella cerchiata in rosso nella mappa entrerà in funzione nel gennaio 2016, quella definita in nero entro la fine del 2016.

E qui sorge un’altra questione per la diversa e sfalsata tempistica dell’entrata in funzione di quelle che dovrebbero essere le offerte pubbliche di trasporto alternative alla rinuncia all’auto. Mentre le tre linee del tram entreranno, forse, in servizio a fine anno, il servizio ferroviario definito impropriamente metropolitano e basato sulla chiusura dell’anello ferroviario e sul raddoppio del cosiddetto passante ferroviario, entrerà, forse, in servizio a fine 2017. Non era più logico l’allineamento dei tempi? Nel frattempo si potrebbe contare, forse, sul rafforzamento del servizio bus da parte dell’AMAT, che dovrebbe però basarsi su mezzi nuovi e meno inquinanti. Attualmente esso esprime una presenza quotidiana di circa 200 bus sui 400 posseduti, molti però poco utilizzabili.

Per completezza accenniamo anche ai picchi di inquinamento acustico, che dovrebbero portare le amministrazioni comunali alla adozione di piani di zonizzazione acustica, obbligatori per legge ma mai attuati.

Al momento lo scontro politico, più o meno credibile, si incentra a Palermo sull’importo del nuovo balzello. Come detto 120 euro per un anno richiesti dall’amministrazione comunale per l’accesso alla ZTL, mentre le opposizioni accusano il Comune di volere solo far cassa per rinsanguare l’AMAT ed annunciano fiere battaglie per ottenere cifre inferiori, sui 50 euro. Mentre bonariamente fingiamo di credere al conflitto, gruppi di cittadini iniziano a fare una osservazione che dovrebbe attirare più responsabile attenzione. Dopo la pedonalizzazione di via Maqueda le vie di uscita e di accesso alla città sono solo due, nei fatti immensamente distanti fra loro. Una a margine del mare, l’asse via Crispi (che sarà interessato dalla ZTL 2) – Foro Italico (che sarà interessato dalla ZTL 1). Esso rappresenta però l’unico accesso turistico e commerciale al porto, e non è in alcun modo da considerare centro storico.

Ma ha senso porre su questo itinerario un balzello? Ed ancora, se abito lato mare e debbo uscire dalla città senza voler pagare la ZTL, raggiungendo pertanto l’altro asse di uscita lato monte, via Regione Siciliana, ho quattro alternative. Corso Tukory (ZTL 1), via Cavour (ZTL 1), via Notarbartolo (ZTL 2), via Lazio (interrotta per i lavori dell’anello ferroviario). In sostanza, se voglio semplicemente entrare od uscire dalla città debbo pagare un pedaggio, come nel Medioevo. È certo che ciò sia legittimo oltre che sicuramente offensivo per i cittadini? Ma cosa c’entra tutto questo con le ragioni delle ZTL? E com’è che nessuno ci ha pensato? La speranza è che qualcuno se ne accorga in tempo e si attivi per ridurre l’estensione delle ZTL alla ragionevolezza, eliminandone almeno l’asse del porto. Prima di qualche fondato ricorso, di cui si ha già sentore, faccia saltare di nuovo tutto. Ma è così difficile comprenderlo?

Giovanni Paterna (6.continua)