PALERMO – Maxi risarcimento per un militare che, nel lontano gennaio 1997, partecipando a un’attività di addestramento, rimase ferito e con un handicap permanente. Dopo 25 anni, i giudici del tribunale del lavoro di Palermo, hanno riconosciuto al sergente lo status di soggetto equiparato a vittima del dovere, e un risarcimento di quasi 300 mila euro, oltre ai benefit previsti dalla legge (esenzione dalle spese sanitarie, collocamento obbligatorio, assistenza psicologica ecc.).
Il 21 gennaio del 1997, il sergente dell’esercito partecipò a una attività notturna di addestramento, con irruzione e conseguente ripiegamento, in un casale abbandonato. L’addestramento avrebbe dovuto svolgersi – per come risulta dall’ordine di esercitazione – senza l’utilizzo di munizioni e, dunque, senza supporto sanitario. Durante l’esercitazione il plotone da lui guidato si accorse della presenza di un ordigno, ma al comando di uscita dall’edificio, uno dei militari urtò inavvertitamente l’ordigno e lo fece esplodere, causando al sergente un forte trauma acustico e visivo, nonché lesioni all’occhio sinistro dovute alle schegge. Nonostante questo, il militare portò a termine la missione, salvaguardando la salute dei suoi sottoposti.
Per anni, il sergente ha tentato di ottenere un risarcimento, ma le sue richieste sono rimaste a lungo inascoltate. Pochi giorni fa è arrivata la sentenza del giudice del lavoro che ha confermato il diritto all’equiparazione dello status.
Ma i giudici vanno ancora oltre, specificando l’imprescrittibilità del diritto a tale riconoscimento. “Lo status – scrivono nella sentenza – infatti non si estingue per prescrizione”.
“Non possiamo che essere lieti per questo epilogo – dichiarano Francesco Leone, Simona Fell e Raimonda Riolo che hanno difeso i diritti del militare – e, al di là dell’evidente errore commesso nell’organizzare la missione e che ha portato al ferimento del capo squadra, ci spiace, ancora una volta, notare come le amministrazioni siano restie a riconoscere un diritto obbligando chi è parte lesa a richiedere l’intervento di un giudice per ristabilire un torto, anche dopo 25 anni”.
Foto di repertorio
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