Mafia: ribaltata sentenza del Tar, il Comune di Altavilla Milicia va sciolto

PALERMO – Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar del Lazio e conferma lo scioglimento del Comune di Altavilla Milicia, nel Palermitano. I giudici hanno accolto il ricorso del Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il sindaco Antonino Parisi aveva impugnato il decreto di scioglimento del febbraio 2014 e il Tribunale amministrativo regionale laziale nel luglio scorso gli aveva dato ragione, ritenendo non provato sufficientemente il condizionamento mafioso.

Il Consiglio di Stato nella sua sentenza premette che lo scioglimento “non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo”, con la conseguenza che, per l’emanazione del relativo provvedimento di scioglimento, “è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato”.

Ebbene, secondo i magistrati – presidente Giuseppe Romeo – il primo giudice “svaluta”, in particolare, le risultanze delle indagini condotte nell’operazione “Argo”, che ha portato all’arresto di vertici ed affiliati della locale cosca mafiosa.

Il Tar capitolino “ha anche ridimensionato la pericolosità e, comunque, la significatività locale del contesto mafioso, quale risultante dalle intercettazioni telefoniche, nelle quali, a esempio, per il capo mandamento di Bagheria “il Comune è tutto”.

Per il Consiglio di Stato la tesi della relazione prefettizia, secondo cui la sfiducia al precedente sindaco e l’elezione del nuovo “sarebbe stata condizionata dalla mafia non appare inverosimile ne’ e’ esclusa, dal resto, dalla sussistenza di eventuali altre ragioni, alternative o concomitanti, più o meno consistenti, che potrebbero aver concorso in tale avvicendamento”.

Di più: “La circostanza che a influire sull’avvicendamento ai vertici dell’amministrazione comunale vi fosse, se non esclusivamente, certamente anche la mafia è avvalorata dal contenuto di altre intercettazioni, rivelatrici nel loro complesso di un sicuro condizionamento della mafia, al di là delle vicende che condussero alla sfiducia verso la precedente amministrazione, sull’elezione della nuova”.

E risulta, per il collegio, “indubbio e acclarato l’impegno profuso dal locale boss, Francesco Lombardo, anche con “la pratica del voto di scambio, in vista delle imminenti elezioni comunali”.

Confermando le “gravissime interferenze della mafia sulle elezioni dell’attuale Consiglio comunale, che ne viziano manifestamente e irrimediabilmente la legittimità”. Un quadro tale da far parlare i giudici di “penetrante e, comunque, condizionate sistema”, emergente non solo dal contenuto delle intercettazioni, ma anche da quanto riferito dai carabinieri e riportato dalla relazione prefettizia, in occasione della tornata elettorale del maggio 2010, quando il boss e i figli “venivano visti sostare, sia nei giorni destinati alle consultazioni elettorali che in quelli successivi dedicati allo scrutinio delle schede, all’ingresso degli edifici preposti alle consultazioni o, addirittura, introducendosi nei locali adibiti ai seggi”.

Tutto ciò dimostra, insomma, che “l’elezione dell’attuale Consiglio comunale di Altavilla Milicia sia stata geneticamente viziata dal condizionamento della locale mafia, con pesanti interferenze sulla libera espressione del voto popolare”.

Tali interferenze, del resto, non hanno condizionato solo le elezioni del Consiglio comunale, “ma la successiva vita dell’amministrazione neoeletta, chiamata a pagare un pesante debito elettorale al sistema orchestrato dalla mafia per agevolarne l’ascesa politica al governo del Comune”.

Un contesto “oscuro e inquietante” che “getta più di un’ombra sulla presunta impermeabilità dell’amministrazione comunale alle influenze mafiose”.

Il Collegio, perciò, ritiene “ben motivate, attendibili” le conclusioni della relazione prefettizia, laddove ha sottolineato che “la pervasiva influenza dell’organizzazione mafiosa, evidenzia un quadro di palese alterazione della libera elezione degli organi elettivi, con conseguente capacità di compromettere il buon andamento della cosa pubblica, il regolare funzionamento dei servizi ed il libero esercizio dei diritti civili, minando così il sereno svolgimento dell’intero apparato amministrativo e determinando pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica”.

Redazione

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