PALERMO – La mafia perde potere grazie al grande lavoro delle istituzioni, ma coinvolge nelle sue attività criminali sempre più donne e giovani: sono questi i risultati rivelati dal rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2018.
Il report, che analizza la situazione delle organizzazioni mafiose presenti sul territorio italiano (con particolari focus su Camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra siciliana) e che è stato recentemente pubblicato sul sito ufficiale della Dia, racconta gli ultimi 5 anni della lotta alla criminalità organizzata, fatta di momenti complessi ma anche di risultati importanti e clamorosi arresti, e i dettagli sulle “infiltrazioni mafiose nel tessuto istituzionale e sociale del Paese”.
Una novità degli ultimi anni è senza dubbio la “globalizzazione” del fenomeno mafioso: sono ogni anno maggiori i casi di attività criminale che vedono protagonisti clan operanti all’estero, che creano sodalizi con le cosche siciliane, campane e calabresi e permettono di aumentare le terribili potenzialità di ciascun gruppo mafioso.
Questo dimostra che la mafia non è più un problema italiano e, soprattutto, che la sua evoluzione, anche fuori dai confini nazionali, purtroppo, è costante e allarmante: “La lotta alla mafia necessita, ancora oggi, di una costante attenzione del legislatore, chiamato a confrontarsi con un fenomeno dalla portata globale, che procede in rapida, silente evoluzione“, si legge nel rapporto della Dia.
Paradossalmente, però, sembra che la tendenza dei clan a spostarsi e operare all’estero abbia contribuito ulteriormente al disfacimento dell’unità che un tempo contraddistingueva i gruppi criminali di stampo mafioso. Una cosa che ha contribuito alle indagini della Dia e che ha dato vita a numerose operazioni, specialmente in Sicilia, dove la struttura sovraterritoriale della Cupola non opera più da tempo e “lascia al proprio destino” ciascuna cosca impegnata in attività illecite: “Il venir meno della compattezza e, quindi, della forza di Cosa nostra – intesa come struttura unitaria, certamente complessa e articolata, ma anche caratterizzata da connotazioni rigorosamente gerarchiche e regolamentate sembra correlarsi non solo con i frequenti sconfinamenti territoriali, con indebite ingerenze ed iniziative non autorizzate, ma soprattutto con il crescente numero di uomini d’onore che tendono a rivendicare, per sé o per la loro articolazione, posizioni di preminenza o comunque di autonomia, se non addirittura a proporre la propria candidatura a cariche interne all’organizzazione mafiosa”.
Un altro elemento incredibilmente preoccupante è quello relativo ai giovani, che risultano sempre più interessati alla criminalità che, specialmente nel caso di ragazzi indigenti, viene erroneamente percepita come “ancora di salvezza” in un Paese dal futuro economico e sociale incerto, specialmente per quanto riguarda il Mezzogiorno. Nel report si dedica particolare attenzione a questa terribile tendenza: “Si è voluto dimostrare, anche attraverso mirate elaborazioni grafiche e statistiche, come le organizzazioni, nonostante la forte azione repressiva dello Stato, continuino ad attrarre le giovani generazioni, siano esse espressione diretta delle famiglie o semplicemente bacino di reclutamento da cui attingere manovalanza criminale. Una distinzione non di poco conto, che se da un lato pone la questione relativa alla successione della reggenza delle cosche, dall’altro è indicativa di una crisi sociale diffusa e di una disoccupazione endemica che rischiano di non offrire valide alternative al reclutamento mafioso“.
Altro dato in crescita è quello delle donne coinvolte nelle attività di mafia, sempre più spesso utilizzate come corrieri della droga ma anche vittime delle prepotenze degli esponenti dei clan locali.
Negli ultimi tempi la Direzione Investigativa Antimafia ha decisamente ottenuto grandi risultati, ma sono ancora tanti quelli da raggiungere. Protagonista delle indagini costanti delle forze di polizia è senza dubbio il latitante Matteo Messina Denaro, che continuerebbe a ricoprire il “duplice ruolo di capo del mandamento di Castelvetrano e di rappresentante provinciale di Cosa nostra”.
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