Dopo l’attentato di via D’Amelio alcuni magistrati della Procura avanzarono la previsione di altre stragi, che effettivamente si verificarono.
Ne parlò trent’anni fa l’allora pm Roberto Scarpinato durante un’audizione di magistrati palermitani promossa dal Csm. Il verbale finì tra gli atti più “riservati”.
La particolare riservatezza si spiega con il racconto, fatto da Scarpinato, di una riunione improvvisata in Procura qualche ora dopo l’attentato.
Alcuni magistrati manifestarono il convincimento (indicando dunque una pista da tenere in quel momento riservata) che ci sarebbero stati altri attacchi della mafia. Previsione che si rivelò fondata. Il piano criminale si scatenò nel 1993.
Il primo segnale venne lanciato il 14 maggio: un’autobomba esplose in via Fauro a Roma subito dopo il passaggio dell’auto di Maurizio Costanzo. Due settimane dopo, il 27 maggio, a Firenze venne fatto saltare in aria un furgone imbottito di esplosivo davanti all’Accademia dei Georgofili: cinque morti e 48 feriti. Il 27 luglio altre due bombe esplosero davanti alla basilica di San Giovanni Laterano a Roma e in via Palestro a Milano dove morirono quattro persone.
Il giorno dopo, il 28 luglio, altra esplosione davanti alla chiesa di San Giorgio al Velabro, a Roma. Dopo una mancata esplosione davanti allo stadio Olimpico a Roma, il 14 aprile 1994 venne trovato esplosivo lunga una strada dove doveva passare il pentito Totuccio Contorno.
Da dove veniva la previsione di questi altri attentati? Scarpinato diede due indicazioni.
La prima: Tommaso Buscetta aveva parlato di una mafia che cercava di fermare il contrattacco dello Stato a suon di bombe. L’altra ipotesi leggeva nelle dinamiche mafiose la formazione di una componente che cercava di prendere il sopravvento sul gruppo egemone di Totò Riina e dei corleonesi.