Mafia, così il boss Sorrentino gestiva gli affari dal carcere. Chi sono gli arrestati di oggi a Palermo

PALERMO Il boss Salvatore Sorrentino, 58 anni, braccio destro di Settimo Mineo, il leader che intendeva ricostruire la cupola mafiosa, avrebbe continuato a gestire la famiglia nel quartiere periferico di Palermo, il Villaggio Santa Rosalia, nonostante la sua detenzione nel carcere romano. Secondo le accuse, l’indagato impartiva ordini precisi a suo figlio Vincenzo, di 23 anni, per assicurare la continuità degli affari e risolvere eventuali conflitti all’interno del clan.

Nella scorsa notte, le autorità finanziarie del Comando Provinciale hanno condotto un’operazione denominata “Villaggio di famiglia. L’indagine è coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore Maurizio De Lucia.

Durante l’operazione sono state eseguite 33 ordinanze di custodia cautelare. 25 persone sono state arrestate e poste in carcere, una è stata posta agli arresti domiciliari, mentre altre sette sono state sottoposte a misure interdittive per l’esercizio di attività imprenditoriali.

I NOMI DEGLI ARRESTATI DI OGGI A PALERMO

In carcere sono finiti Salvatore Sorrentino, 58 anni, Vincenzo Sorrentino, 23 anni, Leonardo Marino, 34 anni, Andrea Ferrante, 48 anni, Giovanni Cancemi, 53 anni, Alessandro Miceli, 28 anni, Pietro Maggio, 63 anni, Maurizio Sanfilippo, 63 anni, Roberto Barbera, 30 anni, Morris Morgan Cardinale, 41 anni, Paolo Maniscalco, 66 anni, Francesco Maniscalco, 35 anni, Silvestre Maniscalco, 44 anni, Federico Manno, 26 anni, Rosario Manno, 57 anni, Rosaria Leale, 33 anni, Christian Tomasino, 24 anni, Giampiero Giannotta, 28anni, Gaetano Sorrentino, 31 anni, Luigi Abbate, 28 anni, Luigi Abbate, 25 anni, Gianluca Bruno, 26 anni, Vincenzo Adelfio, 25 anni, Andrea Nicolò, 30 anni, Vincenzo Sparla, 40 anni.

Ai domiciliari Simone Fiorentino di 36 anni.

Misura interdittiva per esercitare attività imprenditoriale per un anno: Vito Lombardo, 41 anni, Rosario La Barbera, 53 anni, Angelo Stella, 30 anni, Giuseppe Galante, 40 anni, Natale Santoro, 46 anni, Alessandro Santoro, 44 anni, Giovanni Grillo, 35 anni.

Sono state sequestrate la ditta individuale Vito Lombardo il baretto, la ditta individuale Angelo Stella, Briatore cafè, ditta individuale Giovanni Grillo frutta e verdura, ditta individuale Rosario Manno preparazione del cantiere edile, ditta individuale Fiorentino Nicolò, trasporto merci, Man Service srls di Silvestre Maniscalco, trasporto merci.

Le accuse per gli indagati

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di partecipazione e concorso esterno in associazione mafiosa, con l’aggravante dell’associazione armata, trasferimento fraudolento di valori al fine di agevolare la criminalità organizzata, e traffico di stupefacenti mediante l’utilizzo dei metodi tipici della mafia.

Il sequestro da 5 milioni di euro

Insieme all’arresto dei sospetti, il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha disposto il sequestro preventivo di sei attività commerciali. Operano nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.

L’operazione ha coinvolto complessivamente 220 militari della Guardia di Finanza, provenienti dai reparti di Palermo, Caltanissetta, Agrigento, Siracusa e Trapani. Attualmente sono in corso numerose perquisizioni a seguito delle indagini.

Le indagini

Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – G.I.C.O, con la collaborazione della Polizia penitenziaria del carcere Lorusso-Pagliarelli, hanno permesso di evidenziare l’esistenza di dinamiche criminali radicate e diffuse nel quartiere Villaggio Santa Rosalia. Queste dinamiche sono legate all’esercizio di un potente controllo economico del territorio. La famiglia mafiosa che fa capo a questa zona è inserita nel mandamento di Pagliarelli.

Si ritiene che uno degli esponenti più influenti di Cosa Nostra palermitana nonostante la sua detenzione, mantenga la sua leadership. Questo mantenendo contatti diretti e indiretti con i suoi affiliati e con altri soggetti legati alla consorteria. Le decisioni strategiche per le attività della cosca sul territorio sarebbero state prese direttamente dai detenuti di vertice attraverso messaggi e direttive inviate dall’esterno del carcere.

In particolare, si ritiene che il figlio del presunto capofamiglia, appartenente alla nuova generazione di Cosa Nostra, agisca come suo sostituto. In questo modo cura gli interessi mafiosi ed economico-criminali del clan nel quartiere. Questo avviene anche grazie al supporto di un altro affiliato giovane che svolge il ruolo di braccio operativo e fa da collegamento con i vertici della famiglia.

Come il boss di Palermo gestiva gli affari dal carcere

Gli elementi emersi durante le indagini suggeriscono che il presunto capomafia detenuto abbia mantenuto il controllo del territorio grazie alle informazioni costantemente fornitegli dal figlio. Ha utilizzato le video-chiamate per convocare affiliati e impartire ordini, rafforzando la sua autorità e ricevendo dimostrazioni di fedeltà secondo i principi della mafia.

Le indagini hanno rivelato che la famiglia mafiosa del “Villaggio Santa Rosalia” ha infiltrato ed esercitato un pesante controllo sull’economia locale. Sono state evidenziate forme di controllo delle postazioni per la vendita ambulante del pane, imposizione del prezzo di vendita dei prodotti. Inoltre un monopolio nella fornitura di fiori presso le aree cimiteriali, autorizzazioni specifiche per l’apertura e gestione di negozi. Sono emerse infine ingerenze negli affari immobiliari e una posizione dominante nel settore edile e del movimento terra. Sono stati coinvolti nella gestione dell’ordine pubblico locale, risolvendo controversie tra privati che sono state accettate dalle parti interessate.

Un altro strumento utilizzato per il controllo economico del territorio è stata la gestione di riserve di denaro contante da parte degli indagati. Queste sono utilizzate per fornire supporto economico ai membri del gruppo e concedere prestiti a persone in difficoltà, talvolta senza interessi.

Questa profonda infiltrazione economica ha portato a forme sistematiche di contribuzione da parte degli imprenditori del quartiere a favore della famiglia mafiosa, utilizzando, al fine di sostenere i detenuti e le loro famiglie, anche l’estorsione ambientale. Si tratta di una forma specifica di estorsione percepita immediatamente dagli abitanti della zona come un reale pericolo. Viene attuata attraverso linguaggio e gesti criptici, purché siano in grado di instillare paura e coartare la volontà della vittima.

Il traffico di cocaina a Palermo e Trapani

Inoltre, le indagini hanno rivelato che una figura di spicco della famiglia del Villaggio Santa Rosalia ha organizzato un traffico di cocaina dalla Calabria per rifornire le piazze di spaccio a Palermo e Trapani. Sono stati sequestrati circa 7 kg di cocaina e un corriere è stato arrestato in flagranza.

Tra i soggetti colpiti dalle misure cautelari, venti di loro percepiscono direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il Reddito di Cittadinanza.

Le immagini video

 

 

Si precisa che il provvedimento è emesso sulla base delle prove raccolte durante l’indagine preliminare. Pertanto, fino a una sentenza definitiva, si presume l’innocenza dei soggetti coinvolti.