L’elezione del capofamiglia e quel bacio in fronte obbligato in segno di rispetto

PALERMO – E poi c’era lui, Giuseppe Greco, il Principale. Ed era a lui che tutti dovevano dare il bacio in fronte in segno di rispetto e sempre a lui aveva dato il proprio voto per eleggerlo capofamiglia nella cosca di Santa Maria di Gesù.

Un rituale documentato durante le indagini degli inquirenti e che fino ad ora era emerso solo attraverso le dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia negli anni ’80.

L’iter seguito per le elezioni era molto simile a quello dei politici: prima c’era una propaganda a favore dei candidati e poi l’elezione ma nel caso specifico di Giuseppe Greco in realtà non c’erano antagonisti: tutti volevano lui.

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Tutti gli affiliati esprimevano la propria preferenza a scrutinio palese, ad alzata di mano nello specifico. In passato, invece, si ricorreva ad urne consegnate ai capodecina per la raccolta tra i soldati

L’elezione adesso avveniva solo per il capofamiglia e il consigliere mentre le nomine per i ruoli di sottocapo e capodecina spettavano solo ed esclusivamente al Principale.

Il quadro investigativo si è arricchito di interessanti riferimenti al periodo precedente la 2a guerra di mafia quando le elezioni costituivano un mero fatto formale, essendo la carica di capofamiglia (e capomandamento) di pertinenza esclusiva dello storico esponente Stefano Bonante, conosciuto come il principe di Villagrazia o il Falco, ucciso 1981.

Il ricordo della assoluta autorità di Bontade, benché vittima del tradimento dei suoi stessi collaboratori schieratisi con i corleonesi, si è rivelata circostanza ancora presente a distanza di molti anni tra gli indagati di oggi che lo stigmatizzavano così:  “il generale non ha vinto mai guerra senza soldati. E poi esaltavano la forza della famiglia come entità affermando: “tutti siamo utili e nessuno è… indispensabile!” oppurel’unica legge che conosci tu… è quella del più forte!.

Le elezioni del capo famiglia hanno determinato il riordino dell’organizzazione che, oltre a ratificare i rapporti di forza interni, avrebbe riaffermato l’esigenza del controllo sul territorio di influenza anche nei confronti di iniziative non autorizzate da parte di soggetti legati alla stessa compagine mafiosa.