Ignazio Cutrò: “Lo Stato continua ad ignorare i collaboratori di giustizia”

Ignazio Cutrò: “Lo Stato continua ad ignorare i collaboratori di giustizia”

PALERMO – Avrebbero dovuti essere circa trenta i testimoni di giustizia che, entro la fine di marzo, sarebbero dovuti essere assunti dalla regione, grazie alla legge che prevede il loro inserimento nella pubblica amministrazione. Ma al momento non sembra essere così.

“La legge che prevede l’assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione è rimasta al palo mentre le istituzioni tacciono, manca una legge che prevede la confisca dei beni ai corrotti. Il contrasto alle mafie più che una realtà concreta appare un modello di assoluta inadeguatezza

A denunciarlo è proprio il presidente dell’associazione nazionale dei collaboratori di giustizia, Ignazio Cutrò, che, durante il convegno “Il contrasto delle mafie nella dimensione parlamentare, regionale e locale” organizzato ieri a Roma, ha voluto evidenziare come ci siano disparità tra i vari pentiti e collaboratori. Infatti chi sceglie di emigrare in un’altra città, riesce ad ottenere un lauto “rimborso” dalla Stato, cosa che non succede per chi decide di fare il contrario.

Ci sono leggi che affermano il principio vergognoso per cui in materia di lotta alle mafie si può essere vittima di serie A, B e C – continua Cutrò – Il modello italiano di lotta alle mafie è un modello “stanco e surreale”, fatto di pacche sulle spalle e di seminari autoreferenziali, dove si annunciano promesse poi puntualmente smentite dalla realtà concreta. Il modello italiano è davvero da esportare in Europa e nel mondo? Forse c’è bisogno di maggiore coerenza e dignità da parte delle nostre istituzioni parlamentari, regionali e locali e soprattutto, di lealtà nei confronti dei cittadini onesti rimasti

Lo Stato ogni anno spende 80 milioni di euro per un esercito di 6000 persone, tra collaboratori di giustizia, o pentiti (7/800 persone) e testimoni di giustizia (circa 180) a cui si aggiungono familiari e congiunti. Tuttavia, proprio lo Stato, non sembra realmente aiutare chi ha avuto il coraggio di denunciare la mafia, e per questo “ci troviamo a vivere lontani da tutti.Siamo morti che camminano“, aveva spiegato Ignazio Cutrò.

“Significa essere in guerra da soli contro la mafia. Io lo sono dal 1999 – proseguiva nel suo intervento – da quando ho fatto la prima denuncia. Ero un imprenditore che lavorava senza problemi e mi sono trovato a dover chiudere l’azienda. Ora vivo di aiuti da parte di parenti e amici. L’azienda ho dovuto chiuderla per le tasse non pagate, ben 38mila euro. Ho chiesto aiuto allo Stato, ma non è arrivato

Insomma, è evidente come lo Stato abbia un grandissimo debito nei confronti di questi “eroi” (anche se così non vogliono essere chiamati), dato che, senza di loro, oggi molti criminali non sarebbero dietro le sbarre, ed è paradossale come l’Italia che ha prima preteso un aiuto davvero enorme, ora faccia “orecchie da mercante”.