A digiuno, in silenzio, o vestiti di nero: il lutto dei boss al 41 bis per la morte di Riina

A digiuno, in silenzio, o vestiti di nero: il lutto dei boss al 41 bis per la morte di Riina

PALERMO – È passato appena un mese dalla morte del boss corleonese Totò Riina. Una morte che non ha mancato di suscitare numerose reazioni, sul web, tra l’opinione pubblica e, naturalmente, tra i “colleghi” del “capo dei capi” detenuti al 41 bis nelle carceri italiane.

Come raccontato da Giovanni Bianconi, sulle colonne del Corriere della Sera, c’è chi si è vestito a lutto, chi ha digiunato e chi è rimasto in silenzio.

Il boss Vittorio Tutino, condannato all’ergastolo per la strage di via D’Amelio, ha optato per abiti di colore nero e scarpe nere. A seguire il suo esempio anche il corleonese Rosario Lo Bue, condannato a 15 anni (il fratello Calogero fu arrestato con Bernardo Provenzano).

Proprio nel carcere de L’Aquila, dove sono rinchiusi Tutino e Lo Bue, i detenuti hanno ritirato i loro pasti per consumarli in silenzio nella loro cella.

Stesso scenario nel carcere di Novara, dove è rinchiuso colui che è considerato il reggente della famiglia mafiosa palermitana di Porta Nuova, Tommaso Lo Presti: il boss non avrebbe proferito parola dall’ora di pranzo all’ora di cena.

Non tutti, però, hanno reagito allo stesso modo, mostrando “rispetto” per la morte del boss considerato fino alla fine dei suoi giorni il capo indiscusso di Cosa Nostra. Le “nuove leve“, infatti, non hanno mostrato alcun tipo di reazione.

Persino il nipote diretto di Totò, Giuseppe Biondino, arrestato con Riina il 15 gennaio 1993, ha mantenuto un comportamento normale. Come lui anche Alessandro D’Ambrosio, appartenete alla famiglia di Porta Nuova, che si è comportato come se nulla fosse.

Nessuna reazione particolare è stata notata nemmeno per quanto riguarda il comportamento del cognato di Riina, Leoluca Bagarella, rinchiuso a Sassari, e del figlio maggiore di Totò, Giovanni, come il padre ergastolano sotto il regime di carcere duro.

Le reazioni sono state osservate dagli agenti della polizia penitenziaria che hanno preso nota dei diversi comportamenti per verificare se, anche attraverso questi piccoli gesti, si potessero cogliere segnali di una formazione per una nuova leadership all’interno di Cosa Nostra.