PALERMO – Calunnia e diffusione di notizie false sono le accuse che Rosario Crocetta ha riversato su due giornalisti dell’Espresso, Piero Messina e Maurizio Zoppi, in merito ad un articolo secondo cui, in una conversazione telefonica tra l’ex presidente della Regione Siciliana e il suo medico Matteo Tutino, quest’ultimo avrebbe pronunciato la frase “Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre“. Oggi l’ex governatore della Sicilia è stato sentito come testimone nel processo iniziato a Palermo.
Nella conversazione telefonica che ci sarebbe stata tra Crocetta e Tutino, sempre però smentita dalla Procura, i due avrebbero parlato dell’allora assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino e il medico – accusato di falso, truffa e peculato – avrebbe detto all’ex governatore la famosa frase. Tuttavia, come ha ribadito oggi il perito del giudice, di questa intercettazione non c’è alcuna traccia nel fascicolo che riguarda Tutino.
L’ex presidente della Regione Siciliana, davanti al giudice monocratico di Palermo, ha risposto alle domande del pm e dei difensori, confessando che voleva denunciare i giornalisti dell’Espresso dopo la pubblicazione dell’articolo, ma che poi il suo avvocato Vincenzo Lo Re ricevette una telefonata da un altro giornalista che disse: “Se denunciate pubblicheremo altri articoli incentrati su presunte e inesistenti pratiche pedopornografiche di Crocetta avvenute in Tunisia”.
I legali dell’Espresso, a questo punto, hanno chiesto a Crocetta il nome di quel giornalista: “Lirio Abbate” – oggi vice direttore del settimanale – ha risposto lui. La Procura ha però sempre sostenuto che quella telefonata di Abbate all’avvocato Lo Re non esiste.
I difensori dell’Espresso, in udienza, hanno chiesto di sentire oltre al giornalista e attuale vice direttore dell’Espresso Lirio Abbate, anche l’ex pm Antonio Ingroia, l’ex assessore regionale Giovanni Pistorio e Giuseppe Montalto, all’epoca nello staff di Pistorio. Nel frattempo, Lirio Abbate e il cronista Piero Messina respingono le accuse.