PALERMO – Dodici arresti nella mattinata odierna sono stati operati nelle provincie di Trapani, Palermo, Como e Rimini. Sei persone sono finite in carcere, cinque invece agli arresti domiciliari.
Gli indagati (insieme ad altri dodici soggetti destinatari di avviso di garanzia) sono accusati a vario titolo, in concorso fra loro, di associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio.
Ad eseguire le ordinanze sono stati i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale carabinieri di Trapani, congiuntamente ai militari del Nucleo Investigativo di Palermo e supportati in fase esecutiva da personale dell’Arma territorialmente competente.
L’indagine – condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – ha consentito di acquisire gravi indizi circa la convergenza di illeciti interessi di appartenenti alla famiglia mafiosa di Salemi (mandamento di Mazara del Vallo), esponenti di spicco di cosa nostra palermitana e imprenditori, consistiti nella:
Nel medesimo contesto sono stati acquisiti gravi indizi in ordine al pagamento di somme di denaro da parte di due imprenditori campobellesi per essere incaricati del trasporto del carburante necessario per il funzionamento della centrale termoelettrica di Favignana.
Nello specifico, gli arrestati di oggi, riciclavano ingenti somme di denaro grazie alla complicità di imprenditori ed esperti finanziari. Tra i coinvolti vi sono anche figure di spicco della mafia di Salemi, fedeli alleati del boss Matteo Messina Denaro, accusati di aver riciclato milioni di euro e di aver stretto alleanze solide con le ‘ndrine calabresi.
Uno dei protagonisti principali dell’inchiesta è Angelo Salvatore, capomafia di Salemi, già condannato per associazione mafiosa, che secondo gli investigatori avrebbe gestito gli investimenti di Matteo Messina Denaro nel settore delle energie rinnovabili. Dopo essere stato scarcerato nel 2019, è tornato attivamente agli affari con l’aiuto del figlio Andrea. I due, grazie alla loro abilità nel reclutare professionisti del settore e nell’infiltrarsi nei sistemi informatici delle banche, avrebbero costituito un gruppo criminale in grado di riciclare enormi somme di denaro provenienti dalle famiglie mafiose palermitane.
L’organizzazione avrebbe anche tentato di acquisire, reinvestendo denaro illecito, 12 punti vendita della Coop Sicilia (anche se l’affare è poi fallito), di riciclare lire fuori corso per conto della ‘ndrangheta e di pulire il denaro proveniente da Calogero John Luppino, conosciuto come il re delle scommesse clandestine online e altro stretto collaboratore dell’ex latitante.
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