PALERMO – In occasione della Giornata Nazionale per la Donazione degli Organi, l’Irccs Ismett-Upmc (Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione) ha lanciato una campagna di informazione e sensibilizzazione sulla donazione di organi da vivente, in particolare di rene e fegato. Questo ospedale, che è stato creato 25 anni fa grazie alla partnership tra l’University of Pittsburgh Medical Center e la Regione Siciliana, è l’unico in Sicilia a praticare il trapianto di fegato da vivente per pazienti adulti e pediatrici.
L’obiettivo della campagna è di sensibilizzare e educare il pubblico sulla sicurezza e sull’efficacia della donazione da vivente, che rappresenta un’alternativa alla donazione da cadavere.
L’Istituto ha effettuato 195 trapianti di fegato da donatore vivente e 273 trapianti di rene da donatore entro la fine del 2022. La donazione di organi da vivente di solito coinvolge parenti consanguinei o persone che hanno una relazione affettiva. La campagna, che utilizza lo slogan “Chi dona salva la vita degli altri senza cambiare la propria“, fornisce informazioni precise e buone pratiche sulla donazione da vivente.
In particolare, si concentrerà sulla testimonianza diretta di alcuni donatori che hanno salvato vite umane con il loro gesto e dimostrato che questa pratica è sicura per il donatore e altamente efficace per il ricevente.
Un vantaggio della donazione da vivente è che l’operazione può essere eseguita contemporaneamente sia nel ricevente che nel donatore, riducendo al minimo i tempi di ischemia dell’organo e minimizzando i rischi. L’Ismett condivide le storie di persone e pazienti reali tramite video e immagini, raccolte sul sito dedicato al progetto, per offrire un racconto sincero sui benefici e i bassi rischi dell’operazione.
Rosa, una donatrice, racconta la sua esperienza: “Ho donato parte del mio fegato a mio padre. Lui mi ha dato la vita e io gli ho restituito il favore. Mio padre è sempre stato il mio eroe; quando ero bambina lo accompagnavo al lavoro nei fine settimana e mi piaceva guardarlo mentre imbiancava i muri, tanto che ho imparato a farlo senza accorgermene. Siamo stati ricoverati in ospedale una domenica d’aprile. Avevo ventitré anni e un figlio di un anno, lui ne aveva quarantacinque. Prima di entrare in sala operatoria, volevo dirgli che lo amavo, ma non ci sono riuscita, così gli ho detto: ‘Ci vediamo dopo’. Gli ho donato il 56% del mio fegato“.
“Dopo l’operazione – prosegue la donna – ero spaventata, temevo che avrei avuto problemi. Però, proprio mentre pensavo a queste preoccupazioni, un ragazzo ha bussato alla porta. Non mi conosceva ma era venuto a darmi sostegno, aveva donato il fegato poco tempo prima e voleva rassicurarmi. Quel gesto è stato importantissimo, sono qui a raccontare la mia storia perché spero di potere restituire ciò che quel ragazzo ha fatto con me“.
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