PALERMO – Emergono nuovi dettagli dall’operazione che questa mattina ha portato all’arresto di 18 esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova a Palermo dopo l’omicidio di Giuseppe Incontrera.
In particolare come la rete dello spaccio fosse cambiata con l’avvento della pandemia. Il lockdown aveva costretto, infatti, le famiglie mafiose di Porta Nuova a cambiare il proprio modo di operare e quindi le modalità dei loro affari.
Il ruolo di maggiore spicco, in base a quanto emerso, sarebbe stato proprio uno degli arrestati di oggi: Tommaso Lo Presti, detto il “Lungo”, 57 anni.
Sembra però che Lo Presti non fosse l’unico a dettare legge, infatti a capo del clan vi sarebbe stato una sorta di triumvirato costituito anche da Giuseppe Incontrera, ucciso lo scorso giovedì, e il consuocero Giuseppe Di Giovanni.
Giuseppe Di Giovanni, altro vertice dell’organizzazione mafiosa, è anch’egli tra gli arrestati di stamani. Era stato già in carcere nel blitz “Panta rei” del 2015 e successivamente assolto.
L’unica attività rimasta proficua durante i mesi di lockdown sarebbe stato il traffico di droga, di cui era incaricato proprio Incontrera a cui spettava il ruolo di gestire le casse di Porta Nuova.
I boss di Porta Nuova, infatti, avrebbero voluto approfittare dei guadagni dovuti allo spaccio, infatti avrebbero dato vita a una una rete di corrieri per le consegne a domicilio, fingendo di consegnare pizze, con il solo obiettivo di far circolare sostanze stupefacenti.
A gestire l’attività sarebbero stati principalmente Nicolò Di Michele e Salvatore Incontrera, figlio di Giuseppe, assassinato alla Zisa.
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