Antonino Agostino e Ida Castelluccio, ammazzati senza un perché: 31 anni in attesa di giustizia

VILLAGRAZIA DI CARINI – La ricerca della verità è uno dei cammini più difficili che si possa intraprendere. Specie se nel tortuoso percorso si devono fare i conti con mafia e frange di Stato deviate. Lo sanno bene i famigliari dell’agente Antonino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini (nel Palermitano) il 5 agosto 1989 insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio, in attesa da 31 anni di capire cosa si celi dietro al barbaro omicidio.

Nino e Ida avevano rispettivamente 28 e 19 anni, una vita davanti e una famiglia da costruire. Sogni spezzati all’improvviso da mani assassine che non hanno esitato a sparare contro un uomo disarmato e una giovane con un bambino in grembo.

L’omicidio di Antonino Agostino e Ida Castelluccio

Agostino era un poliziotto in servizio alla Questura di Palermo e agente segreto, membro del SISDE, impegnato nella ricerca e cattura di latitanti. Il 5 agosto di 31 anni fa avrebbe dovuto essere un giorno di festa. L’agente, in compagnia della moglie sposata da pochi mesi e incinta di qualche settimana, si era recato nel villino dei propri genitori per annunciare il lieto evento e festeggiare i 18 anni della sorella Flora.

Due sicari in motocicletta arrivarono verso le 19,40, mentre i due coniugi erano fuori dalla residenza, e iniziarono a sparare. Antonino, disarmato, cercò di fare scudo alla moglie. Venne colpito da diversi proiettili: morì sul colpo. Ida urlò chiamando aiuto e riconobbe gli assassini. Le spararono un solo colpo fatale, al cuore.

I depistaggi

I depistaggi e i misteri legati al duplice omicidio iniziarono subito. Quella notte, mentre i parenti piangevano la morte di Antonino e Ida, alcuni ignoti entrarono nella loro abitazione e fecero sparire importanti appunti dell’agente che riguardavano le delicate indagini che stava portando avanti. Ai loro funerali parteciparono i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Fu quest’ultimo a rivelare a un amico commissario presente alle esequie: “Io a quel ragazzo gli devo la vita“. Agostino, infatti, pare stesse indagando sul fallito attentato dell’Addaura del 21 giugno 1989, giorno in cui, poco distante dalla villa del magistrato, venne ritrovato un borsone contenente 58 candelotti di tritolo.

Eppure per mesi la Squadra Mobile di Palermo seguì una pista passionale, ritenendo l’assassinio il frutto della vendetta della famiglia di una ex del poliziotto. Ipotesi rivelatasi improbabile, utile solo a depistare le indagini.

La lotta per la giustizia di Vincenzo Agostino e Augusta Schiera

Carte scomparse, verbali d’interrogatorio mai più ritrovati, armadi svuotati, denunce insabbiate, ritardi e omissioni. Ma la famiglia di Agostino non si è mai arresa e ha lottato con dignità e fermezza contro i diversi tentativi di sviare l’attività investigativa. Il padre Vincenzo da 31 anni porta avanti la sua protesta in modo tenace: dal giorno dell’omicidio di Antonino non taglia più barba e capelli, e ha giurato che non lo farà fino a quando non verrà fatta giustizia per la morte del figlio e della nuora. In compagnia della moglie Augusta Schiera, per anni ha raccontato la storia di Antonino e Ida nelle scuole e ovunque potessero far sentire le loro voci, per tenere viva l’attenzione su un caso ancora oggi rimasto senza mandanti e senza colpevoli. Solo negli ultimi anni, infatti, l’assassinio è stato ricollegato all’attività di intelligence svolta da Agostino contro Cosa nostra. Sul fascicolo relativo alle indagini sul suo assassinio è stato, inspiegabilmente, apposto il Segreto di Stato.

Finché avrò un filo di vita continuerò a lottare per avere giustizia“, era solita dire con forza Augusta Schiera. È morta nel febbraio dello scorso anno, a 80 anni, senza sapere perché le vite di Nino e Ida siano state così brutalmente spezzate. Sulla sua lapide ha voluto che fosse incisa questa frase: “Qui giace una madre in attesa di giustizia“.

Fonte foto: Facebook – Flora Agostino

Due boss e un amico di Antonino Agostino rinviati a giudizio

Un’attesa lunga, che si protrae ormai da tre decenni. Una svolta, però, è arrivata lo scorso luglio, quando la Procura di Palermo ha deciso di rinviare a giudizio i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto con l’accusa di essere gli autori materiali del delitto. Rinviato a giudizio anche Francesco Paolo Rizzuto, vicino di casa e amico dell’agente: è accusato di favoreggiamento aggravato. La prima udienza del processo si terrà il prossimo 10 settembre, nell’aula bunker dell’Ucciardone.

Una notizia che Vincenzo Agostino, da sempre convinto che la verità sull’omicidio del figlio si trovi “dentro lo Stato“, ha accolto così: “Adesso devono pagare tutti, anche gli uomini deviati dello Stato, chi ha deciso di secretare i documenti di mio figlio. Mi aspetto che finalmente si vada in fondo e quando questo processo sarà finito mi taglierò barba e capelli, come promesso“.

Aurora Circia'

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