PALERMO – Sono trascorsi ventitrè anni dalla strage di Capaci. Un’esplosione di cui ancora oggi tutto il mondo avverte l’eco: il ricordo del giudice Giovanni Falcone è sempre vivo nei cuori… non solo dei siciliani.
Erano le 17:58 del 23 maggio 1992 quando Cosa Nostra attivò l’ordigno che fece saltare in aria, a Capaci, il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonino Montinaro e Vito Schifani.
In questi anni sono state tante le commemorazioni e i parenti delle vittime raccontando il loro dolore hanno sempre suscitato nel pubblico la voglia di lottare contro uno dei cancri sociali più difficili da estirpare: la mafia.
Stamattina a Palermo sono arrivate tutte le massime autorità civili e militari, in occasione proprio del 23esimo anniversario della stage di Capaci. Tantissimi anche i magistrati e gli studenti che hanno affollato l’aula bunker dell’Ucciardone.
“Penso che non bisogna considerare questo un rituale che si ripete. Quest’anno dobbiamo rilanciare l’idea di Palermo chiama Italia – ha dichiarato il presidente del senato Pietro Grasso durante il suo discorso -. L’Italia unita contro questo fenomeno che non è solo criminale ma anche sociale, politico, economico e quindi dobbiamo trovare tutta la società e i giovani pronti a reagire”.
Una giornata che vuole risvegliare le coscienze, una giornata per non dimenticare. È questo l’obiettivo a cui punta Maria Falcone quando si mostra favorevole allo spostamento della salma del fratello nel Pantheon della città. “Francesca ne sarebbe felice – ha risposto Maria Falcone ai giornalisti che le chiedevano della separazione di Falcone dalla moglie -. Noi abbiamo scelto di privilegiare l’immagine pubblica di mio fratello perché ne resti un esempio nel tempo, della lotta a Cosa Nostra. Nella chiesa di San Domenico verrebbe ricordato non solo negli anni futuri ma anche nel secoli futuri”.
Anche al Cluster Bio-Mediterraneo l’esempio di Falcone non passa inosservato e oggi è stato organizzato il “No mafia Day” durante il quale Alessandro Chiarelli, presidente della Coldiretti ha posto l’accento sull’agromafia: “Assistiamo ogni giorno all’accumulo di capitali sul territorio degli agromafiosi attraverso le mille forme di sfruttamento e di illegalità che hanno bisogno di sbocchi, devono essere messi a frutto e perciò reggono la città, in Italia e all’estero, dove è più facile renderne anonima la presenza e dove possono confondersi infettando pezzi interi di buona economia. Le zone interne si stanno spopolando lasciando il territorio ai poteri forti che mettono le mani su enormi estensioni per speculare”.
Queste parole seguono lo stesso binario di quelle pronunciate dal presidente della commissione nazionale antimafia Rosy Bindi che dall’aula bunker di Palermo ha dichiarato: “È una caratteristica della mafia avere rapporti con il potere. Non sarebbe mafia se non avesse il consenso e la capacità di condizionare il potere politico e i diversi poteri”.
Molto bello e significativo vedere tantissimi studenti e bambini che hanno partecipato alla manifestazione insieme con i genitori, desiderando anche incontra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha fatto delle foto con loro sedendosi vicino al presidente del senato Pietro Grasso.
I giovani, il motore vero di una rinascita sociale e culturale al momento affollano anche piazza Politeama nel ricordo non soltanto della strage di Capaci ma pure di quella via d’Amelio.