Cronaca

Ancora nessun risarcimento per le figlie di Marcello Cimino, cosparso di benzina e bruciato vivo

PALERMO – Ancora nessun risarcimento per le figlie di Marcello Cimino, il clochard che nel 2017 venne cosparso di benzina e bruciato vivo di notte mentre dormiva sotto al portico della missione di accoglienza San Francesco a Palermo.

L’assassino, un disoccupato di 45 anni, Giuseppe Pecoraro con alle spalle due matrimoni e tre figli, confessò il delitto dicendo che sospettava che la vittima avesse una relazione con la moglie da cui era separato.

Pecoraro è stato condannato all’ergastolo nel 2019 e alle due figlie di Cimino, che non era sposato con la madre delle ragazze Eugenia e Jessica, il giudice ha dato una provvisionale di 50mila euro ciascuna. Dopo 5 anni le due Parti Civili, che vivono in condizioni economiche molto disagiate, non hanno visto un soldo.

L’assassino non ha denaro e non può pagare ma possiede un vecchio magazzino. Il fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti, del Ministero dell’Interno, prevede un massimo di 50mila euro per il risarcimento dei familiari diretti della vittima. Alle due figlie di Cimino, che all’epoca avevano 15 e 17 anni, toccherebbero quindi 25mila euro ciascuna che sarebbero erogati dal fondo. Ma il Ministero non può elargire le somme finché l’immobile di Pecoraro non viene venduto, per fare ciò occorre una relazione notarile che ha un costo di circa 2mila euro che le due giovani non possono permettersi.

Per attuare la procedura esecutiva immobiliare – afferma l’Avvocato Antonino Palazzotto che rappresenta le Parti Civili col gratuito patrocinio e l’Avvocato Carmen Reina – bisogna pignorare il bene e poi metterlo allasta. Ci vogliono i soldi per il notaio e poi bisognerà attendere due o tre anni per le aste sperando che il magazzino sia venduto. Abbiano fatto un’istanza alla prefettura spiegando la vicenda ma è caduta nel vuoto“.

Le due ragazze hanno aperto un conto con Iban per chi volesse aiutarle a sostenere le spese della procedura di vendita immobiliare per cercare di ottenere quantomeno i soldi del fondo.

Mio padre era un uomo buono. Ogni tanto beveva. Non aveva un lavoro e aveva scelto di vivere per strada lasciandoci a nostra madre. Ma noi lo vedevamo periodicamente. Ci diceva che abitava da un amico non sapevamo vivesse come un barbone. Alla fine la vita di mio padre vale 50 mila euro che noi figlie forse non vedremo mai. Per questo chiediamo aiuto“, sono le parole di Jessica, figlia di Cimino.

In foto Cimino e le sue figlie

Redazione

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