Almaviva: giorni d’angoscia per centinaia di famiglie

Almaviva: giorni d’angoscia per centinaia di famiglie

PALERMO – Tensione tra gli operatori del call center Almaviva Contact di Palermo. Lo scorso maggio erano stati scongiurati 1.670 licenziamenti annunciati dal colosso di call center e a distanza di pochi mesi tornano a riaccendersi i riflettori sulla vicenda. La società ha i conti in rosso e continua a cumulare perdite. Ad agosto ha perso 3 milioni di euro. 

La scorsa settimana al ministero dello Sviluppo economico sono tornate a riunirsi con il governo le parti sociali per verificare lo stato dell’arte dell’accordo siglato a maggio scorso e che ha portato la società verso la revoca di 2.988 licenziamenti e all’applicazione dei contratti di solidarietà a Palermo, Roma e Napoli.

A Palermo a preoccupare sono le lettere di trasferimento inviate a 154 operatori su 397 del call center siciliano, impiegati su un commessa Enel, che andrà ad esaurimento a dicembre.

Senza un intervento i trasferimenti diventeranno esecutivi dal 24 ottobre, e se il quadro non cambia, non è escluso che Almaviva Contact possa avviare un nuovo processo di ristrutturazione aziendale. Sono andate avanti e senza sosta a Palermo per tutta la giornata le assemblee dei lavoratori, convocate dai sindacati per decidere quali iniziative intraprendere per scongiurare i trasferimenti che i sindacati definiscono “licenziamenti mascherati”.

Tra i destinatari delle lettere di trasferimento ci sono anche lavoratrici con bimbi piccoli. Chiara Filizzola, 32 anni, è una di loro. “È stata una doccia fredda”, dice l’operatrice, che lavora in Almaviva dal 2006 e quattro mesi fa ha partorito il suo primo figlio. Anche suo marito è un dipendente del call center. Chiara percepisce uno stipendio di 700 euro e se dovesse trasferirsi a Rende non riuscirebbe insieme al marito a mantenere la famiglia e il bambino da poco nato.

Intanto i lavoratori stanno anche valutando di intraprendere un’azione legale contro l’azienda, mentre i sindacati hanno chiesto al governo di anticipare l’incontro al Mise, fissato per il 20 ottobre, data prevista anche per la convocazione del tavolo di monitoraggio mensile sulla vertenza, come previsto dall’accordo siglato a maggio.

La richiesta da parte di tutti è quindi quella di bloccare i trasferimenti anche se per il momento nulla appare certo.